Imprenditrice, interior designer, aspirante (così si definisce) mecenate, e soprattutto curiosa, aperta, culturalmente onnivora. Alessandra Marino ama osservare e approfondire tutte le esperienze creative, dal cibo, alla moda, dalla musica al design e l’arte. Alle ultime due ha dedicato grande parte della sua vita studiando il mondo dei designer e quello degli artisti, frequentandoli ed eleggendone alcuni a modelli, come nel caso di Eileen Grey e Charlotte Perriand. Non a caso arte e design caratterizzano i suoi progetti e non a caso il look del nuovo “Gusto” che ha lasciato la vecchia casa di Piazza Augusto Imperatore e ne ha trovata un’altra in pieno centro romano, nasce proprio da questo felicissimo connubio. ArteMagazine l’ha incontrata per farsi raccontare il nuovo progetto.
Con il suo studio di architettura, Alessandra realizza da molti anni abitazioni e ristoranti. Nei suoi lavori ogni tema è calibrato: spazi, arredi, tessuti, luce esterna, illuminazione interna. Ma è soprattutto nei ristoranti (lei stessa è stata ideatrice del format ‘Gusto e proprietaria di numerosi locali) che si esprime la sua creatività, segnata anche dalla presenza di icone del design del 900 e di elementi di arte contemporanea.
“Sono sempre stata affascinata – racconta – da percorsi di vita come quelli di Peggy Guggenheim, una donna determinata con un intuito e una sensibilità incredibili verso realtà artistiche anche sconosciute. Una protagonista capace di rivoluzionare il volto del collezionismo, di mettere in primo piano le esigenze degli artisti, supportandoli e dando loro una visibilità che forse non avrebbero mai avuto. Non posso negare che mi sarebbe piaciuto poter passare attraverso quelle esperienze, galoppando un mecenatismo quasi sfrenato, ma il mio percorso ha connotazioni diverse, un’altalena continua tra imprenditoria e sensibilità verso i più diversi linguaggi artistici”.
Spirito nomade, romana di adozione, Marino gira il mondo da trent’anni acquistando oggetti curiosi, quadri, statuine, sculture, e anche opere i cui autori sono diventati nel tempo amici. Anche grazie alla sua storia d’amore con il critico d’arte Paolo Vagheggi – padre di suo figlio – ha conosciuto intellettuali, scrittori, filosofi, giornalisti, poeti, fotografi, musicisti, artisti del panorama europeo, raffinando la propria visione e ricerca. Frequentano la sua casa gli italiani Vedovamazzei, Enzo Cucchi, Elisabetta Benassi, Luigi Ontani, Daniele Puppi. Alcuni loro lavori sono divenuti parte della galleria personale di Marino, insieme a pezzi di Le Corbusier, Jan Fabre, Ouattara Watts, Montgomery Barron.
All’interno del suo progetto Fondaco – unica concept street a Roma in via della Frezza – la parte dedicata all’arte è preponderante, quella di illustri ma anche quella di interessanti sconosciuti. La Fondaco Gallery raccoglie oggetti di design ma anche sculture, pitture e, naturalmente mostre, dove Alessandra è supportata da importanti gallerie internazionali.
E’ stato quasi inevitabile, per Alessandra, portare tutte queste esperienze anche nell’ultimo, innovativo progetto: la ristrutturazione degli storici ambienti di un vecchio ristorante nel cuore di Roma, a due passi da piazza Navona, oggi divenuto la nuova sede di ‘Gusto’. L’impresa ha richiesto un paio di mesi di attente considerazioni: obiettivo principale non snaturare ma “pulire” dalle tante diverse gestioni e conservare la suggestività del luogo. Alessandra Marino con il suo studio di architettura ha scelto di concentrarsi sui colori facendoli “girare” intorno a vecchi arredi, poveri e nobili in egual misura. E di valorizzare il rapporto con l’arte, attestato dalla presenza di quadri e oggetti artistici moderni e contemponraei di grande suggestione, come le opere di EnzoCucchied Elisabetta Benassi, e con il design d’autore, come le lampade-sculture di Isamu Noguchi e quelle di Charlotte Perriand. Le pareti osano delle tinte inedite e segnano le diverse sale.
Entrando da piazza S. Apollinare si viene accolti dalla sala Corallo, che prende il nome dal colore della boiserie e che si unisce, senza interruzioni architettoniche, alla sala Bella Epoque dove il rosa e l’oro rendono preziose le pareti, e i velluti dei sofà sono giocati sui toni pastello. Si prosegue nella sala Cucchi, il cui nome è una dedica all’opera di Enzo Cucchi “Poeta da lavoro”, un olio su carta del 1995 di grandi dimensioni (lungo 7 mt e alto 2) già esposto alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e che ora ha trovato una sua collocazione su una grande parete, e le tonalità dei grigi si alternano al rosa e al mattone.
L’illuminazione ha un tratto contemporaneo, spariscono i lampadari di cristallo a goccia per lasciare spazio alle Akari Light Sculptures progettate dal designer Isamu Noguchi nel 1951 e alle Potence Pivotante dì Charlotte Perriand.
Entrando invece da via Zanardelli è la sala Picasso ad accogliere i clienti: il nome arriva dal grande manifesto del 1953 dedicato alla mostra dell’artista che si tenne a Palazzo Reale a Milano. La sala è connotata anche da un gigantesco specchio lungo 7 metri e alto 3 che riflette le grandi finestre, e da un antico mosaico dai colori tenui. Un piccolo passaggio porta allo spazio dedicato al forno della pizza, qui le pareti intorno ai tavoli sono divise a metà tra il rosso China e il blu petrolio.Nella struttura di circa 400 mq pochi interventi radicali rispetto al vecchio ristorante, come il cocktail bar che nel nuovo progetto si affaccia sul dehor di piazza S. Apollinare.
Rispettati, ma restaurati, gli infissi in ferro e legno che entrano nel locale creando delle bussole, così come le vecchie palladiane e le boiserie, che oggi dialogano con i velluti pastello dei divani nel cocktail bar. Completano gli arredi i tavoli in ferro neri, le sedie francesi intrecciate, i vasi dai colori tenui e poi l’arte contemporanea, fotografie d’autore, tra cui una collezione di foto di banchetti di Mario De Biase, grande fotoreporter milanese scomparso nel 1993. e alcune foto di Cartier Bresson, quadri antichi e tanti oggetti importanti e non, raccolti negli anni dalla proprietaria.
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