ROMA – Banksy, lo street art più famoso, l’artista del mistero che tutti conoscono ma nessuno ha mai visto, e di cui si ipotizza soltanto l’idendità, sbarca a Roma a Palazzo Cipolla per la mostra Guerra, capitalismo & libertà, che sarà aperta al pubblico a partire dal 24 maggio fino al 4 settembre 2016. È la prima volta che l’artista, originario di Bristol (almeno così sembra) approda in un museo italiano. Questa volta lo fa con ben 150 opere, realizzate utilizzando vari supporti, si va dalle stampe, ai dipinti, alle sculture. Si tratta di opere rigorosamente provenienti da collezioni private internazionali e non dalla strada. Ci tiene a sottolinearlo Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro, organizzatore della mostra, che spiega: “La street-art ha una legittimazione solo fuori dai musei, è nata per esportare e far fruire a tutti la bellezza dell’arte indipendentemente dalla capacità economica e sociale della visitazione di luoghi chiusi come i musei”. “Non ho voluto strappare le opere dai muri e qui ci sono opere solo di collezionisti privati. Le opere qui esposte sono la dimostrazione che Banksy dipinge non solo sui muri, ma anche nel suo studio. A me ha colpito molto anche il titolo di questa sua produzione: guerra, capitalismo e libertà, che sono i temi su cui oggi il mondo si confronta”.
La mostra di Bansky, curata da Stefano Antonelli, Francesca Mezzano & Acoris Andipa, insomma è un evento unico e un omaggio a questo incredibile artista che entra doverosamente in un museo, pur non essendo direttamente coinvolto nell’esposizione. Ironico, sarcastico, dissacrante, Banksy è una delle figure più discusse, dibattute e acclamate dei nostri tempi, sia per il mistero che avvolge la sua figura e che ha catturato inevitabilmente l’attenzione del pubblico internazionale, già dalla fine degli anni Novanta, sia per la sua visione artistica che non si è mai sottratta a lapidarie e sottili critiche nei confronti di avvenimenti sociali e politici internazionali. Basti pensare alla serigrafia di alcune scimmie che dichiarano ‘Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge’ (Ridete adesso ma un giorno saremo noi a comandare), passando per l’agghiacciante immagine di ‘Kids on Guns’ o al suo “commento” alla crisi dei rifugiati lasciato fuori l’ambasciata francese di Londra, il grande stencil raffigurante Cosette, il personaggio dei Miserabili di Victor Hugo, in lacrime con alle spalle la bandiera francese stracciata. Creazioni semplici, immediate ma di grande impatto emotivo. Creazioni in cui elementi di tristezza e di dolore, convivono perfettamente con elementi che trasmettono benessere e serenità. L’occhio di Bansky è sempre ben attento e lo sguardo è sempre rivolto all’attualità. Ironia e umanità si intrecciano per dare voce alle masse, a chi altrimenti non sarebbe ascoltato da nessuno.
La prima mostra di Banksy si è tenuta a Bristol nel 2000 al Severn Shed. Nel 2002, Banksy ha esposto alla 33 1/3 Gallery di Los Angeles e l’anno seguente è stato incaricato di disegnare due copertine all’album Think Tank dei Blur. Man mano il suo lavoro si è espanso sempre più a livello internazionale diventando anche più politico. Lungo la striscia di Gaza, sul versante palestinese, ha dipinto nove immagini. Nell’estate 2009 si “è impossessato” del Bristol Museum & Art Gallery con una mostra che ha attratto oltre 300.000 visitatori. Ha inoltre realizzato un film documentario dal titolo “Exit Through The Gift Shop”, ottenendo una nomination agli Oscar. Nel 2013 ha realizzato un progetto situazionista a New York chiamato “Better Out Than In”: in una delle varie attività sparse per la città ha venduto le sue tele su una bancarella per $60 USD ai turisti.
Nel 2015 ha aperto DISMALAND: un grande parco a tema da lui rinominato ‘Bemusement Park’, ovvero il contrario del parco divertimenti, dove visitatori di ogni età e provenienza sono stati accolti da uno staff particolarmente “depresso”. Nello scorso dicembre Banksy ha poi deciso di trasferire le strutture di Dismaland a Calais per ospitare i rifugiati. In questa occasione ha prodotto una serie di murales, tra cui ‘The Son of a Migrant from Syria’ (‘Il Figlio di un Emigrante dalla Siria’) in cui cinicamente raffigura uno Steve Jobs migrante.
Ad oggi intanto nessuna galleria rappresenta in maniera esclusiva Banksy. E per quanto riguarda questa mostra a Palazzo Cipolla, chissà che l’artista non possa tranquillamente aggirasi indisturbato tra i visitatori a guardare le sue stesse opere.