ROMA – Una missione archeologica italo-turca, guidata dall’Università Alma Mater di Bologna, ha scoperto nel sito di Karkemish, città-stato ittita che si trova al confine tra Turchia e Siria, in fondo a un pozzo a circa 14 metri sotto il livello del suolo, tre frammenti di tavolette d’argilla, che riportano incisi in caratteri cuneiformi gli scritti del sovrano assiro Sargon II. A quanto pare le tavolette furono gettate nel pozzo per ordine del re babilonese Nabucodonosor II, affinchè quegli scritti venissereo per sempre dimenticati. Sargon II è il re assiro che sul finire dell’VIII secolo a. C. costruì un impero in Medio Oriente, nella Mezzaluna Fertile, conquistando Samaria, Damasco, Gaza e, nel 717, anche Karkemish, città-stato ittita che sorgeva sul corso dell’Eufrate, dove oggi corre il confine tra Siria e Turchia. Ed è proprio qui che le sue parole sono tornate alla luce grazie a questa missione archeologica avviata nel 2011 dall’Università di Bologna, insieme agli atenei turchi di Gaziantep e Istanbul.
La città di Karkemish è stata riscoperta proprio grazie a un progetto di scavo dell’Università di Bologna guidato dal professore Nicolò Marchetti. I tre frammenti delle tavolette riportano incisi in caratteri cuneiformi gli scritti del sovrano assiro. Si tratta perlopiù di frasi autocelebratorie, che esaltano le vittorie militari e le misure a favore della popolazione. Frasi che, proprio per il loro carattere propagandistico, furono fatte sparire, gettate in fondo a un pozzo su ordine di Nabucodonosor II, il re babilonese che nel 605, dopo un lungo assedio, strappò Karkemish al controllo assiro. Cancellare le tracce e i simboli del nemico sconfitto è insomma una pratica che attraversa tutta la storia dell’umanità e che ancora oggi, purtroppo, viene praticata.
Gli archeologi dell’Alma Mater si sono dunque calati nella stretta imboccatura del pozzo e sul fondo è stata trovata una fitta serie di oggetti e utensili di ambito amministrativo, letterario e decorativo: gettoni d’argilla (tokens) per la contabilità, recipienti di bronzo e di pietra, un’armatura di ferro e i tre frammenti di tavolette d’argilla con le parole di Sargon II.
I lavori della missione archeologica hanno portato alla luce anche tre ortostati, ovvero lastre di pietra con funzioni sia di sostegno che decorative, in ottime condizioni. In uno è rappresentato un leone in marcia, mentre nelle altre due sono incisi un toro alato e un dio-ibex alato, con un volto umano. Quest’ultimo, in particolare, rappresenta un caso unico nel campo dell’arte neo-ittita.
Infine è completata la rilevazione digitale ad alta precisione della mappa dell’antica città. Tutti interventi questi che puntano a far nascere un parco archeologico che possa attirare turisti e visitatori a Karkemish.