PRATO – La mostra è stata presentata il 6 luglio nella sede dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze da:
– Nedo Mannucci Vicario della Diocesi Prato
– Matteo Biffoni, Sindaco di Prato
– Simone Mangani, Assessore alla Cultura del Comune di Prato
– Marco Ciatti, Soprintendente Opificio delle Pietre Dure
– Cristina Gnoni Mavarelli, Curatrice della Mostra
“Legati da una cintola – L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città” è questo il titolo della mostra, a cura di Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli, che verrà inaugurata il 7 settembre negli spazi espositivi recuperati dell’ex Monte dei Pegni.
La Cintola è una sottile striscia di lana finissima, lunga 87 centimetri, di color verdolino, broccata in filo d’oro con ai capi due cordicelle per legarla.
L’origine del culto della sacra cintola affonda le sue radici nel XII secolo. La leggenda si basa su un testo apocrifo del V-VI secolo e vuole che la cintura, consegnata a San Tommaso dalla Madonna al momento dell’Assunzione, sia stata portata a Prato verso il 1141 dal mercante pratese Michele e da questi donata in punto di morte, nel 1172, al proposto della pieve. Fra Due e Trecento la reliquia assurse al ruolo di vero e proprio segno dell’elezione della città, santificata da una così preziosa vestigia miracolosamente giunta dalla Terra Santa, e divenne motore delle vicende artistiche pratesi.
Una delle immagini più prestigiose di tutto il Trecento dedicate all’Assunta e al dono miracoloso della Cintola all’incredulo San Tommaso è la pala di Bernardo Daddi commissionata nel 1337-1338. L’opera nel tempo è stata smembrata e la sua complicata diaspora ha fatto sì che si perdesse la coscienza stessa della sua capitale importanza. L’allestimento del Pretorio consentirà di tornare ad ammirare nel suo complesso la monumentale macchina dipinta dal Daddi, riunendo i suoi componenti che originariamente comprendevano una doppia predella con la storia del viaggio della cintola e del suo approdo a Prato (questa custodita nel Museo) e la parallela migrazione del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma, perché si riunisse a quello di San Lorenzo (custodita nei Musei Vaticani), e una terminazione con la Madonna assunta che cede la Cintola a San Tommaso (conservata al Metropolitan Museum di New York).
È intorno alla Cintola mariana che si muove l’identità spirituale e civica di Prato, la reliquia che la tradizione pratese ritiene legata all’assunzione di Maria al cielo e che giunse da Gerusalemme nel XII secolo portata da Michele Dagomari. È difficile dire quanto realmente la cintura possa essere ricondotta storicamente a Maria, ma quel che è sicuro è che rappresenta uno straordinario simbolo per i pratesi. Perfino l’architettura della città è legata alla sua presenza. Fu infatti per permettere ai tantissimi pellegrini di partecipare all’Ostensione che si pensò l’originale collocazione del pulpito nel Duomo di Prato.
Il pulpito è una creazione unica, realizzato tra il 1428e il 1438 da Donatello e Michelozzo, non è uno spazio nato per la predicazione, ma è esclusivamente legato all’ostensione. Un capolavoro rinascimentale che ricollega con un dinamico effetto rotatorio la facciata tardogotica e il fianco romanico della Cattedrale; grazie alla sua posizione angolare si ricongiungono anche le due piazze intorno alla chiesa – la più piccola, antichissima, sul fianco, e quella grande, davanti alla facciata, creata tra fine Duecento e 1336. Il recente restauro del pulpito lo riconsegna alla città nel pieno della sua bellezza d’insieme, un fascino generato dal perfetto, equilibrato rapporto fra le parti: il ricco basamento retto dal capitello bronzeo, il parapetto coi putti danzanti, fino all’elegante baldacchino che lo protegge, ricollegandolo al coronamento della facciata. Per quasi sei secoli fedeli, pellegrini e curiosi, giunti da ogni parte del mondo si sono concentrati sul “grande nido”, come lo definì Gabriele Dannunzio.
È invece nella cappella del Gaddi, prezioso scrigno all’interno della Cattedrale di Santo Stefano, che si conserva la cintura. Gli affreschi di Agnolo Gaddi e la delicata statua della Madonna con il bambino di Giovanni Pisano che la adorna ne sono il centro e il cuore, il punto di riferimento storico e spirituale.
Ma il Duomo di Prato custodisce anche il grandioso ciclo Storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, una delle più alte espressioni della produzione di Filippo Lippi per qualità e complessità della pittura.
L’Ostensione pubblica del Cingolo dal pulpito si ha solo cinque volte durante l’anno: Pasqua, primo maggio, Assunzione di Maria (15 agosto), Natività di Maria (8 settembre) e Natale. Rare le occasioni di un uso diverso, sempre legate alla presenza di personaggi di eccezionale importanza, tra cui Giovanni Paolo II 19 aprile 1986 e Francesco il 10 novembre 2015.
Matteo Biffoni, Sindaco di Prato, ha dichiarato: “Decidere di dedicare una mostra al Sacro Cingolo vuol dire decidere di raccontare con perizia come gli elementi devozionali e legati al culto siano inscindibilmente connessi alla storia della committenza artistica della città e questa a sua volta sia non distinguibile dal governo della città stessa. Arte, Governo, Culto: un percorso di straordinaria intensità che con particolare acutezza a far data dal Trecento arriva ai giorni nostri”.
Vademecum
Museo di Palazzo Pretorio Piazza del Comune – Prato
7 settembre 2017 – 14 gennaio 2018
Orari: dalle 10.30 alle 18.30 tutti i giorni (eccetto il martedì non festivo)
Ingresso (Mostra e Museo) 12 euro (ridotto 10 euro)
La biglietteria chiude alle 18
Info e prenotazioni Tel. +39 0574 19349961
dal lunedì al venerdì ore 9-18, il sabato ore 9-14
museo.palazzopretorio@comune.prato.it
www.palazzopretorio.prato.itv