MILANO – “Il copyright è per i perdenti” – ha sempre sostenuto Banksy. Ma proprio a causa di una questione di copyright, lo street artist più celebre al mondo, ha portato in tribunale gli organizzatori della mostra milanese “A Visual Protest”, ospitata al Mudec fino al 14 aprile 2019.
La notizia è di questi giorni, o almeno è trapelata solo recentemente su diversi quotidiani, ma il fatto risale invece a qualche mese fa, alla fine del 2018.
La mostra milanese, come specificato nelle varie comunicazioni per pubblicizzarla, è “non autorizzata” e “non ufficiale”. Lo stesso artista l’ha aggiunta nella lista delle varie esposizioni “fake”, cioè organizzate senza il suo consenso. Gli organizzatori dell’esposizione hanno quindi assicurato che in rassegna “non sono presenti lavori sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati di provenienza certificata”.
Il nome di Banksy è da considerarsi tuttavia un vero e proprio brand, è infatti un marchio riconosciuto, depositato e registrato in un apposito ufficio londinese. Per questo motivo la Pest Control Office Limited, che tutela appunto il marchio dello street artist, ha citato in giudizio la 24 Ore Cultura, organizzatrice della mostra del Mudec “per violazione del copyright e vendita non autorizzata di merchandising”, ma anche per l’utilizzo di riproduzioni di opere per pubblicizzare la mostra.
Insomma dalla strada si è finiti nelle aule di giustizia. Sulla questione si è pronunciato il giudice del Tribunale di Milano, Claudio Marangoni, presidente della sezione specializzata in materia d’impresa, il quale ha dato ragione alla Pest Control per quanto concerne l’utilizzo del nome dell’artista sui gadget, venduti nel bookshop del museo (agendina, quaderno, cartolina, segnalibro, gomma), da qui il ritiro immediato degli stessi. Non ha invece riscontrato alcuna violazione riguardo le riproduzioni di opere per pubblicizzare la mostra.
In sostanza le riproduzioni della “bambina con il palloncino rosso” e il “lanciatore di fiori”, anche se tutelati dalla registrazione del marchio, secondo il giudice “non possono essere protette come marchi”. Il suo autore avrebbe infatti tutti i diritti su di esse, solo nel caso in cui rivelasse la sua vera identità, in base alle norme esistenti in materia di diritto d’autore. Una condizione questa alquanto improbabile, anzi impossibile, visto che la stessa notorietà di Banksy si basa anche e soprattutto sul suo anonimato. Stessa posizione del giudice anche per il catalogo della mostra.
Il giudice ha quindi concluso che “Pest Control non ha dimostrato di essere titolare dei diritti di riproduzione delle opere, ha invece avanzato rivendicazioni sulla base dei diritti originati dalle registrazioni di marchio”. Un match dunque che si conclude con una vittoria parziale dello street artist.