La pellicola racconta la storia del furto del pezzo di muro a Betlemme su cui Banksyaveva disegnato un militare israeliano che controlla i documenti di un asino. A vendicare l’affronto ci pensano un imprenditore locale, Maikel Canawati e Walid, palestrato tassista locale. Walid è colui che materialmente ha tagliato il pezzo di muro e per questo è noto come “l’uomo che ha rubato Banksy”. Il suo obiettivo dichiarato è venderlo al miglior offerente.
Scopo del fim è quindi raccontare la storia dello sguardo palestinese su un’arte di strada di matrice occidentale e sui messaggi che la Street Art veicola sul muro che separa Israele dalla West Bank. Ma non solo. Il documentario cerca di evidenziare anche la nascita di un mercato parallelo, tanto illegale quanto spettacolare, di opere di Street Art prelevate dalla strada senza il consenso degli artisti.
Il film affronta tematiche di attualità legate alla comparsa della speculazione nel mercato della Street Art, al diritto d’autore, al confronto tra culture diverse in un’ottica post-coloniale e al recupero di opere percepite come delle vere e proprie sfide tecnologiche, anche da restauratori specializzati nello stacco di affreschi rinascimentali.
Riprese fatte in strada in diversi paesi si alternano a interviste ad esperti, giornalisti, professori universitari, galleristi, avvocati, e a personaggi chiave del mercato parallelo della Street Art.