MILANO – “Mantegna ritrovato” è la mostra–dossier, a cura della casa museo Poldi Pezzoli di Milano e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, aperta al pubblico a partire dal 15 ottobre 2020. Allestita nel Salone dell’Affresco, l’esposizione racconta le diverse fasi dell’intervento conservativo – realizzato da Lucia Bresci, sotto la direzione di Cecilia Frosinini dell’Opificio delle Pietre Dure, in collaborazione con Andrea Di Lorenzo, conservatore del Museo Poldi Pezzoli – e le vicende collezionistiche.
L’allestimento della mostra è stato realizzato da Unifor, su progetto di Luca Rolla e Alberto Bertini. L’esposizione è presentata in due stanze: la prima, introduttiva, con i pannelli esplicativi; la seconda spoglia, con la sola opera di Mantegna. Una tenda cinge il tutto isolandolo dal resto del Museo e concentrando l’attenzione unicamente sul capolavoro. Ad arricchire la mostra un video che racconta le diverse fasi di lavorazione intraprese durante l’intervento di restauro, oltre a una brochure di approfondimento con testi di Roberto Bellucci, Lucia Bresci, Andrea Di Lorenzo e Cecilia Frosinini.
Il dipinto vanta un’illustre provenienza: nell’Ottocento apparteneva allo storico dell’arte Giovanni Morelli (1816–1891), fra i più rilevanti conoscitori di opere d’arte antiche della sua epoca. Nel 1861 la tela fu alienata per 2.000 lire a Gian Giacomo Poldi Pezzoli; la vendita venne effettuata per pagare un debito di gioco di Morelli. Nell’inventario redatto nel 1879, alla morte di Gian Giacomo, il valore venale attribuito all’opera da Giuseppe Bertini, primo direttore del Museo Podi Pezzoli, era già lievitato a ben 15.000 lire.
I restauri
Il primo intervento sull’opera risale al 1863 quando Gian Giacomo Poldi Pezzoli fece restaurare il dipinto a Giuseppe Molteni, direttore della Pinacoteca di Brera nonché ritrattista e amico della famiglia Poldi Pezzoli. Molteni era noto nell’ambiente artistico per i suoi interventi di tipo “integrativo”, che pretendevano di migliorare l’aspetto estetico dei quadri antichi secondo il gusto accademico in vigore all’epoca. Gli interventi effettuati sul dipinto di Mantegna ne modificarono l’aspetto a tal punto da renderlo difficilmente giudicabile. Molteni impreziosì la veste rossa della Vergine con marezzature dorate e ridipinse completamente il manto blu dal risvolto verde, i cui pigmenti originali si erano irrimediabilmente alterati. Prolungò inoltre arbitrariamente le braccia di Maria sui bordi laterali, dando l’impressione che i personaggi si stagliassero davanti a una finestra e alterando completamente, in tal modo, l’impostazione compositiva e prospettica data all’immagine dall’artista padovano.
Non a caso dunque, l’opera era stata attribuita dalla critica alle più varie fasi dell’attività di Mantegna: dal periodo giovanile trascorso a Padova, all‘inizio del soggiorno mantovano del pittore avvenuto tra il 1462 e il 1470, fino alla sua tarda attività, nell’ultimo decennio del Quattrocento, opinione che è prevalsa negli ultimi anni. Il recupero della pittura originale di Mantegna consente ora di esprimere un giudizio più sicuro sull’opera, databile quindi agli inizi degli anni Novanta del Quattrocento.
L’attuale restauro, a cura dell’Opificio delle Pietre Dure, iniziato nel marzo 2019, è stato anticipato da un’approfondita campagna diagnostica, necessaria anche per comprendere a fondo la tecnica esecutiva, lo stato conservativo del dipinto, per definire più accuratamente l’entità dell’intervento di Molteni e, infine, chiarire alcune piccole scoperte che si andavano rivelando. L’intervento di restauro si è quindi indirizzato al ristabilimento di un equilibrio formale, attraverso la graduale rimozione della vernice che alterava l’aspetto originale dell’opera, così come definito dalla tempera magra: originariamente il dipinto era infatti caratterizzato da un effetto opaco e quasi pulvirulento della superfice, a imitazione degli stendardi o della pittura murale.
“Con questo restauro – spiega Marco Ciatti, Soprintendente dell‘Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di restauro – l’Opificio delle Pietre Dure ha vinto una vera e propria sfida tecnica che può aprire la possibilità anche ad altri recuperi di capolavori alterati da vecchi restauri, e ha consentito la lettura dei corretti valori espressivi che Andrea Mantegna aveva inserito in questo piccolo, ma prezioso dipinto”.
“Il restauro del capolavoro – dichiara Annalisa Zanni, direttore del Poldi Pezzoli – è stato un lungo lavoro di squadra, anche grazie al Club del Restauro del Museo, che ha visto restauratori, storici dell’arte, ma anche filosofi, dibattere a lungo sulle modalità di intervento da effettuare per restituire all’opera l’identità conferitale dal suo creatore, prima degli interventi di Giuseppe Molteni che l’avevano resa diversa ma sicuramente amata e riconoscibile a tutti, una vera e propria ‘icona pop’. Questo non sarebbe stato possibile senza la riconosciuta professionalità dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la sensibilità della Marchesa Giovanna Sacchetti, generosa e attenta mecenate”.
“La mia Fondazione si occupa da anni di riportare alla luce la bellezza del nostro patrimonio artistico, sostenendo prestigiose istituzioni come il Museo Poldi Pezzoli. – afferma la Marchesa Giovanna Sacchetti, presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus – Quando mi è stato proposto il restauro della Madonna con il Bambino di Andrea Mantegna ho accettato con grande piacere anche in virtù del rapporto di stima e amicizia quarantennale con la dottoressa Annalisa Zanni. In questi mesi sono stata partecipe di tutte le evoluzioni del restauro fino alla scoperta che ha portato a questo “capolavoro ritrovato”. La bellezza del Mantegna è fuori discussione ma quella che vediamo oggi è come una nuova nascita, per un’opera che spero sia studiata con sempre maggior interesse dagli esperti e apprezzata dal pubblico del museo.”
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Vademecum
Museo Poldi Pezzoli
Via Manzoni 12
Milano
Aperto dal mercoledì al lunedì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00
Biglietti: 10 euro | 7 euro
@poldipezzoli #mantegnaritrovato