PARMA – Tre giorni per fare il punto della situazione sull’economia culturale in Italia a seguito del Covid 19. A Parma, capitale Italiana della Cultura 2020+21, e Riccione si sono tenuti, dal 21 al 24 giugno 2021, gli Stati Generali Mondo Lavoro Cultura e Spettacolo, durante i quali sono intervenuti rappresentanti di isitutizioni culturali, player e stakeholder che si sono confrontati su diversi punti relativi agli specifici universi di cinema, teatro, arte, musica, spettacolo e intrattenimento.
D’altra parte, in Italia, come in nessun altro paese è difficile separare il resto dell’economia dalla cultura, perché proprio la cultura italiana è l’anima di quel made in Italy che, senza di essa, potrebbe essere made in qualsiasi altro luogo.
L’economia culturale italiana generava, prima del Covid,60 miliardi di euro (nel 2019), 96 miliardi se si include anche l’”event industry”, pari al 6% del Pil, con 1,5 milioni di occupati, 416 mila imprese attive, incluse le “creative driven”. Con il sopraggiungere della pandemia il settore ha subito perdite (nel 2020) pari al 70%, secondo l’Osservatorio di Impresa Cultura Italia – Confcommercio – Swg.
Di seguito una sintesi di quanto emerso relativamente ai vari settori presi in considerazione.
Cultura
Dall’incontro inaugurale con le istituzioni è emersa la proposta di nuova legge per la dignità del lavoro culturale. In quanto industria, anche la cultura di adottare una vera e propria politica industriale con una pianificazione almeno triennale (coperta finanziariamente per tutto il periodo), e abbandonare un modus operandi di stampo volontaristico, eredità degli anni Settanta.
Non mancano le competenze, grazie a Università, ITS e all’eccellenza delle scuole di specializzazione. Con il PNRR adesso ci sono anche le risorse, quello che occorre è una visione imprenditoriale.
La cultura deve superare l’innata incapacità del nostro Paese di fare sistema e investire nel ruolo di sindaci e comuni per il coordinamento operativo del Recovery Plan.
È necessario valorizzare una cultura diffusa, anche al di fuori delle case della Cultura, per abbattere quel 38% di non “consumatori” che in alcune zone d’Italia raggiunge anche il 50%. Le centinaia di migliaia d’imprese culturali e creative italiane rappresentano il 7-8% del mercato del lavoro, se si lavora sull’intero patrimonio culturale possono, senza problemi, raggiungere il 10%.
Un supporto può arrivare dalla relazione tra pubblico e privato, sfruttando la normativa sul partenariato che finalmente esiste.
Cinema
Arrivano segnali positivi. Il Governo ha fatto la sua parte: anche se non con sostegni diretti, il meccanismo di tax credit ha generato una ripresa superiore alle aspettative, ma mancano un confronto allargato, una programmazione strutturata e numerose maestranze, questione che può costituire un’opportunità di lavoro per i più giovani e non solo.
Teatro
Al centro della riflessione sul teatro il confronto tra il Regio di Parma, lo Stabile di Torino e La Fenice di Venezia: direttori e presidenti hanno evidenziato come siano riusciti a trasformare l’inattività dei vari lockdown in una fucina di idee per prodotti culturali comunque fruibili e vicini al proprio pubblico.
La regista Francesca Chialà, già consigliere di amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma dal 2013 al 2020, ha sottolineato che bisogna «riflettere sull’opportunità che tutti i teatri e il sistema televisivo hanno perso di creare una partnership forte. Doveva essere dato un mandato chiaro alla RAI che è TV pubblica, per dare visibilità ai numerosi progetti in atto. Abbiamo sentito tanto discutere della Netflix della cultura italiana, che però è arrivata tardi, è conosciuta da pochi e ha un’offerta a pagamento molto lontana dalle aspettative create».
Arte e Musei
Un dato può sintetizzare la situazione del settore museale e dell’arte durante la pandemia: il Parco Archeologico del Colosseo, primo sito visitato in Italia, è passato da 7 milioni e mezzo di visitatori nel 2019, di cui l’80% stranieri, a 1 milione 600 mila. Ma ha senso occuparsi di arte e cultura mentre intorno la gente muore? Sì, perché la cultura ha anche un compito etico, significativo anche sul piano sociale. Il museo è spazio a servizio alla comunità, generatore di economia di scala e di scopo. La questione più problematica per il settore resta l’incapacità (italianissima) di fare sistema. Istituzioni, operatori e mondo accademico non si parlano. «È per questo che i problemi di oggi sono quasi gli stessi di quando iniziai, circa 30 anni fa»: spiega Alfonsina Russo, direttrice Parco Archeologico del Colosseo. Risultato? Formazione lontana delle esigenze reali, costi del lavoro troppo alti, tasse che non aiutano, lavoro che non c’è, nuove competenze necessarie allo sviluppo che mancano anche per assenza di risorse. C’è bisogno di giovani con prospettive nuove, ma bisogna abbassare il costo del lavoro per poterli assumere. Per dare ossigeno al settore aiuterebbe defiscalizzare il sostegno finanziario che spesso arriva dai privati. Affinché il lavoro nell’arte non sia più un privilegio, spesso oltretutto anche sottopagato.
Oggi, oltre ai musei, anzi al di fuori, è tempo anche di arte urbana. Un’arte diffusa per città aperte, senza confini tra periferie e centri storici – come sta accadendo con il festival Without Frontiers, Lunetta a Colori di Mantova – a favore di una “cittadinanza flaneuse” che sviluppi il proprio senso critico quotidianamente.
Musica e spettacolo
Il grande problema della musica dal vivo. Oltre 400 mila persone coinvolte, 1 solo lavoro su 10 pagato regolarmente, in particolare nei piccoli spettacoli, per un valore totale del sommerso che si aggira sui 3-4 miliardi di euro, più l’indotto. E tutele che quasi non esistono realmente, se non in termini previdenziali attraverso una legge vecchia di 70 anni. «Per modificare questa situazione – ha detto Chiara Chiappa, consulente del lavoro e presidente della Fondazione Centro Studi DOC – si dovrebbe investire in uno statuto con reddito integrativo per inoccupazione; una piattaforma di tracciamento open source; vigilanza, cash back (live credit), riconoscimento della cultura come bene essenziale, con l’IVA al 4%, e sostegno all’autoimprenditorialità dell’artista. Oggi si può fare: l’attenzione della politica finalmente c’è».
Intrattenimento
Riccione ha ospitato l’ultima giornata degli Stati Generali dedicata al mondo dell’intrattenimento. Si è discusso di intrattenimento circolare. La Perla Verde dell’Adriatico ha, infatti, inaugurato la stagione estiva con un nuovo (ma soprattutto innovativo) Consorzio d’imprese. Centri balneari, ristoranti, club serali e discoteche, l’intera filiera dell’intrattenimento riccionese round the clock, ha deciso di fare rete, con l’appoggio significativo dell’amministrazione locale. Giorno e notte, dalla spiaggia alla disco, con l’obiettivo di collocare Riccione al centro di un’ideale direttrice dell’intrattenimento che va da Berlino a Ibiza.