FIRENZE – Agli Uffizi di Firenze è stato presentato in una conferenza stampa il busto di Costanza Piccolomini Bonarelli, scolpito nel marmo da Gian Lorenzo Bernini per omaggiare l’amata, ma poi deturpato al volto in un eccesso di gelosia dell’artista.
La scultura arriva dal Museo del Bargello, in occasione della mostra “Lo sfregio”, a cura di Chiara Toti, ospitata al secondo piano delle Gallerie degli Uffizi, dove sono esposti gli scatti di Ilaria Sagaria dedicati alla donne sfigurate con l’acido, protagoniste del ciclo “Il dolore non è un privilegio. L’arte antica si riflette nell’attualità” , ricordando così quanto la violenza di genere sia un dramma senza tempo.

L’esposizione, organizzata simbolicamente nel mese in cui ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, mette appunto in dialogo le immagini Sagaria col capolavoro di Bernini. L’artista, infatti, scoperto il legame di Costanza con il fratello Luigi, impazzì di gelosia e, sentendosi tradito, fece sfregiare dal suo servo il volto marmoreo della donna. Di conseguenza il servo fu esiliato, Luigi partì per Bologna e Bernini, grazie all’intervento diretto del papa Urbano VIII (richiesto dalla madre), fu punito solamente da un’ammenda pecuniaria, mentre Costanza venne reclusa in un monastero per quattro mesi. Successivamente fece ritorno dal marito, Matteo Bonarelli, con il quale dette vita a un fiorente commercio di sculture. Costanza è oggi un emblema della capacità di riscatto che si ritrova anche in tante vittime di violenza, alle quali le fotografie di Ilaria Sagaria danno liricamente voce.
Una scultura concepita per una fruizione privata
Il busto in marmo (databile al 1637-1638), restaurato recentemente con un finanziamento degli Uffizi, ritrae la donna con molta naturalezza e intimità, con i capelli spettinati e la camicia aperta sul seno. L’opera venne esposta agli Uffizi verso la metà del Seicento accanto al Bruto di Michelangelo, ma come spiegato dalla direttrice dei Musei del Bargello, Paola D’Agostino, “era stata in realtà concepita per una fruizione privata, Bernini non avrebbe mai immaginato che fosse destinata alla scena del barocco romano. E’ un ritratto privato in cui si rivendica la libertà dell’artista”.
Oggi nel nuovo allestimento, per la mostra agli Uffizi, il marmo vive una nuova vita. L’idea è, insomma, quella di rendere le opere del passato estremamente attuali.
Non solo un capolavoro ma un’opera che oggi invita a riflettere
“In occasione della mostra – ha spiegato il direttore degli Uffizi Eike Schmidt – il busto di Costanza Piccolomini Bonarelli è stato sottoposto a un restauro finanziato dalle Gallerie degli Uffizi: l’opera si può di nuovo apprezzare appieno, grazie a questo simbolico atto di risarcimento, però contro i danni del tempo. In mostra la guardiamo non solo come un capolavoro di uno dei massimi scultori barocchi, ma siamo invitati a riflettere sull’efferata violenza dei forti contro i deboli. E a meditare sul dolore inenarrabile della sopravvivenza”.
Gli scatti di Sagaria
Il ciclo di scatti Il dolore non è un privilegio ricorda come il crimine subito da Costanza si riattualizzi oggi con gli attacchi con l’acido. Ad essere preso di mira, esattamente come allora, è il volto delle vittime, investito da sostanze corrosive che bruciano la pelle ed erodono ossa e cartilagini, condannando ad un calvario fisico e psicologico. Per parlare di questo tema di stringente attualità, alla presentazione della mostra hanno portato la loro testimonianza Filomena Lamberti, vittima di violenza con l’acido e testimonial dell’associazione Spaziodonna di Salerno, Petra Filistrucchi, vicepresidente del centro antiviolenza Artemisia di Firenze, Jaf Shah, direttore esecutivo di Acid Survivors Trust International.

“La violenza tramite acido – ha sottolineato Ilaria Sagaria – è un fenomeno globale che non è legato all’etnia, alla religione e tantomeno alla posizione sociale e geografica. Nonostante siano stati registrati casi di aggressione anche ai danni di uomini, rimane una forma di violenza con un impatto maggiore sulle donne. Oltre alla brutalità fisica causata da un gesto inumano, c’è il trauma psicologico da affrontare: la perdita dell’identità, la depressione e l’isolamento. Dopo la fase di ospedalizzazione, sono costrette a passare lunghi periodi chiuse dentro casa e, anche quando potrebbero uscire all’aperto, rifiutano di mostrarsi in pubblico e di affrontare lo sguardo degli altri. Mettono via gli specchi e le loro fotografie, eliminando qualsiasi cosa che possa mostrare quello che erano prima e quello che sono diventate in seguito, diventando così prigioniere di una casa privata di memoria e identità. Attraverso le loro testimonianze, ho ricostruito un racconto, una mise-en-scène fotografica che potesse restituire questi momenti senza spettacolarizzarne il dolore, concentrandomi sull’aspetto psicologico e sul concetto di identità”.
La mostra resterà aperta al pubblico dal 2 novembre al 19 dicembre 2021.