ROMA – Spunta da un deposito di Montecitorio una Gioconda, copia della Monna Lisa del Louvre. Secondo quanto riportato da Repubblica, si tratterebbe di una copia realizzata dalla bottega di Leonardo, forse con la collaborazione dello stesso genio del Rinascimento.
Sul sito parlamentare ArteCamera si parla tuttavia di “una copia che aspira a replicare diligentemente il suo modello”, ovvero la Gioconda del Louvre.
Il dipinto cinquecentesco si legge sempre su ArteCamera “è pervenuto nel 1892 alla Galleria Nazionale dalla collezione Torlonia, nei cui inventari è documentata a partire dal 1814, come ‘copia della Gioconda di Leonardo da Vinci’. Giuseppe Antonio Guattani, estensore dell’inventario Torlonia del 1817-1821, aveva attribuito il dipinto a Bernardino Luini, riferimento poi omesso nei successi inventari della collezione romana. L’opera è citata, ancora nel XIX secolo, in un commento all’edizione del 1851 delle Vite del Vasari, insieme con altre copie derivate dal celeberrimo capolavoro leonardesco“.
Secondo gli studi e le analisi effettuate, in particolare una radiografia ai raggi infrarossi, il dipinto in questione presenterebbe “alcune correzioni identiche a quelle della Gioconda del Louvre”. Anche i colori e la tecnica pittorica, così raffinata, risultano compatibili con l’originale, tanto da presupporre che lo stesso Leonardo vi abbia messo meno.

Alla “Gioconda Torlonia”, Antonio Forcellino ha dedicato nove pagine nel catalogo della mostra romana del 2019 “Leonardo a Roma, influenza ed eredità”. Forcellino sembra certo dell’intervento di Leonardo, riferendosi in particolare alla “definizione chiaroscurale del volto” dato che “non si conoscono altri pittori ai quali possa essere riferito un tratto così leggero nella resa dello sfumato”.
Non una scoperta ma un dipinto già noto
In realtà, non è la prima volta che si parla di questo dipinto. Non si tratta dunque di una “scoperta”, ma di una tela già nota. Scrive Stefano Menichini, ex capo ufficio stampa di Montecitorio, su Twitter: “Quando divenni capo ufficio stampa di Montecitorio, sei anni fa, uscì questa ‘notizia’ e mi spiegarono che era già uscita altre volte in passato. Da allora l’hanno scoperta almeno altre due volte, prima di oggi”.
Già nel 2005, schedando l’opera, l’ex soprintendente di Roma Rossella Vodret l’aveva definita “di qualità non molto alta”.
Sgarbi: “Macché seconda Gioconda!
A dare un giudizio lapidario sull’opera è oggi il noto critico Vittorio Sgarbi, che afferma: “E’ solo una modesta tela da arredamento”. “L’eccitazione di menti ottenebrate – spiega – ha evocato con grande suggestione magazzini, depositi, polvere, evitando l’unica parola pertinente: arredamento! E cioè quello che solitamente, provenendo dai depositi di un museo (in questo caso dalla Galleria Nazionale Borghese) viene chiesto, a partire dalla Camera e dal Senato, e poi da ambasciate e prefetture, per arredare sale aperte al pubblico, come da anni è Montecitorio”. E “tutto quello che meritava di essere restituito ai musei – continua Sgarbi – lo è stato nei decenni scorsi attraverso una commissione che io ho guidato”. Quello che è rimasto, ad eccezione di un ‘Ratto d’Europa’ di Giandomenico Ferretti, di troppe grandi dimensioni, è stato restituito ai musei. Quindi la copia di Leonardo, dipinta almeno 70 anni dopo la sua morte, non ha alcun valore artistico e indica soltanto la fortuna dell’opera, come le innumerevoli copie di grandi maestri. Tanto rumore per nulla” – conclude.