MILANO – Dopo circa vent’anni, il refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano è tornato a ospitare un vero e proprio cantiere al suo interno, in occasione del restauro della Crocefissione di Donato Montorfano (1495).
Il restauro, annunciato nel febbraio 2021, è stato avviato il 13 dicembre scorso al termine dell’iter di affidamento, che ha visto l’assegnazione ad AuriFoliaRestauri, di Torino.

La progettazione dell’intervento è stata eseguita da Michela Palazzo, che ha diretto il Museo fino a poco prima dell’avvio del cantiere. La Direzione dei lavori, invece, è affidata a Emanuela Daffra, coadiuvata da Lorenza dall’Aglio e da Silvia Zanzani, architetto che da pochi giorni ha lasciato la Direzione del Castello Scaligero di Sirmione per assumere proprio quella del Cenacolo Vinciano.
La necessità di garantire la conservazione delle pitture e un’importante occasione di studio
Il restauro si è reso necessario per garantire la la conservazione e una lettura ottimale delle pitture, ma rappresenta anche l’occasione per uno studio, sia sull’opera di Montorfano che sui ritratti dei duchi collocati ai lati della Crocefissione, attribuiti a Leonardo da Vinci e, infine, sulla storia dell’intero ambiente, chiarendo la successione delle fasi decorative.
“Il cantiere – spiega Emanuela Daffra, direttore regionale musei della Lombardia – nato per esigenze conservative, sarà anche una importante occasione di approfondimento sulla storia dell’edificio, sull’opera di Montorfano, sulle effigi ducali. Già dalle prime settimane di lavoro appare chiaro che molti dei luoghi comuni su questo dipinto dovranno essere rivisti e che lo studio sistematico della sua ‘materia’ aiuterà a dipanare le vicende di un luogo cruciale per la Milano rinascimentale. Le cure del gruppo di lavoro interno, molto coeso, sono state però molteplici, rivolte sia alla salvaguardia delle pitture che al pubblico”.
Le fasi del restauro
Le attività di restauro sono state precedute da un’analisi preliminare dello stato conservativo e da indagini non invasive volte a caratterizzare i materiali e gli stadi di degrado. Questi esami hanno potuto evidenziare alcuni problemi conservativi: difetti di adesione dell’intonaco e della pellicola pittorica, mancanze circoscritte, tanto di intonaco quanto di colore, fessurazioni, residui di fissativi stesi in maniera discontinua nei restauri precedenti. Inoltre un deposito superficiale di polveri e particolato, insieme all’alterazione sopravvenuta con gli anni dei ritocchi pittorici risalenti ai diversi restauri, falsava le cromie e falsava la lettura dell’opera.
Nelle prime fasi, gli interventi si sono concentrati sul grande affresco della Crocefissione, per procedere poi sulla parete laterale. Su questa parete e sulla volta sono presenti motivi decorativi realizzati a partire dal 1488, mentre alle estremità sono visibili due lunette decorate. Quella adiacente all’Ultima Cena raffigura uno stemma in una ghirlanda di foglie e frutti ed è attribuita allo stesso Leonardo da Vinci.
Di quasi certa attribuzione leonardesca sono anche i ritratti di Ludovico il Moro con la moglie Beatrice d’Este e i figli, collocati nella parte inferiore della Crocefissione e ormai quasi del tutto perduti.

Il restauro ha approfondito lo studio delle superfici, evidenziando la complessità della tecnica originaria e individuando cospicue tracce di almeno due restauri antecedenti a quelli conosciuti (affidati a Pinin Brambilla Barcilon); dalle superfici sono stati rimossi in modo selettivo precedenti fissativi, evidenziando una pulitura aggressiva mitigata da pesanti ritocchi precedenti il XIX secolo; sono stati consolidati i distacchi ancora residui dai traumi del bombardamento e ripristinata con velature ad acquerello la lettura delle superfici.
Per l’intervento sono stati utilizzati materiali innovativi a base di alghe e solventi a bassa tossicità per rimuovere sostanze cerose e colla animale ed è stato approfondito lo studio sulle porzioni attribuite a Leonardo con riprese UV (luce ultravioletta), IR (infrarossi) e RTI (Reflectance Transformation Imaging).
Ogni aspetto dell’intervento, insomma, compreso l’allestimento del cantiere, è stato progettato in modo da minimizzarne l’impatto sul refettorio. Non solo: le diverse opere sono state organizzate e programmate in modo da poter mantenere aperto il Museo per tutta la durata dei lavori, riservando le lavorazioni più articolate o più rumorose agli orari di chiusura; i dettagli dell’opera temporaneamente nascosta sono offerti ai visitatori tramite un ledwall e il procedere del cantiere è raccontato sul sito attraverso costanti aggiornamenti.