VENEZIA – L’artista tedesca Katharina Fritsch (Germania, 1956) e l’artista cilena Cecilia Vicuña (Cile, 1948) riceveranno il Leone d’Oro alla carriera della 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia – Il latte dei sogni (Giardini e Arsenale, 23 aprile – 27 novembre 2022). La cerimonia di premiazione si terrà contestualmente all’inaugurazione della Biennale Arte 2022, sabato 23 aprile 2022 a Ca’ Giustinian.
La decisione è stata approvata dal Cda della Biennale presieduto da Roberto Cicutto, su proposta della Curatrice della 59. Esposizione Cecilia Alemani.

“La prima volta in cui ho visto un’opera di Katharina Fritsch di persona è stato proprio alla Biennale di Venezia, nell’edizione del 1999, curata da Harald Szeemann, la prima Biennale che ho visitato. – Racconta Alemani – L’imponente opera che occupava il salone principale del Padiglione Centrale si intitolava Rattenkönig, il re dei topi, una scultura inquietante in cui un gruppo di topi giganteschi è disposto in cerchio, le code annodate, come in uno strano rituale magico. Da quel momento in poi, a ogni incontro con una scultura di Fritsch, ho provato lo stesso senso di stupore e di attrazione vertiginosa. Il contributo di Fritsch nel campo dell’arte contemporanea e, in particolare, in quello della scultura non ha paragoni. Il suo lavoro si distingue per opere figurative al contempo iperrealistiche e fantastiche: copie di oggetti, animali e persone rese nei più minuscoli dettagli ma trasformate in apparizioni perturbanti. Spesso Fritsch modifica le dimensioni e la scala dei suoi soggetti, miniaturizzandoli o ingigantendoli e avvolgendoli in campiture di colori stranianti: è come trovarsi al cospetto di monumenti di civiltà aliene, o di fronte a reperti esposti in uno strano museo postumano.”

A proposito di Cecilia Vicuña, Alemani, dichiara: “E’ un’artista e poetessa, e ha dedicato anni a preservare le opere letterarie di molti scrittori e scrittrici dell’America Latina, svolgendo un encomiabile lavoro di traduzione e redazione di antologie di poesie sudamericane che, senza il suo intervento, sarebbero andate perdute. Vicuña è anche un’attivista che da anni lotta per i diritti delle popolazioni indigene in America Latina e in Cile. Nel campo delle arti visive si è distinta per un’opera che spazia dalla pittura alla performance, fino alla realizzazione di assemblage complessi. Al centro del suo linguaggio artistico c’è una forte fascinazione per le tradizioni indigene e per le epistemologie non occidentali. Per decenni ha lavorato in disparte, con precisione, umiltà e ostinazione, anticipando molti dibattiti recenti sull’ecologia e il femminismo e immaginando nuove mitologie personali e collettive. La maestria di Vicuña consiste nel trasformare gli oggetti più modesti in snodi di tensioni e forze. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che l’artista intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale sembrano trovare un fragile equilibrio: un’arte precaria, al contempo intima e potente”.