LUGANO – “Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo” è il titolo della mostra ospitata al MASI Lugano, dal 3 aprile al 3 luglio 2022, che presenta una panoramica esaustiva dedicata ai primi cinquant’anni di diffusione del medium fotografico in Svizzera.
In esposizione oltre 400 opere fotografiche dal 1839 agli anni ’90 dell’Ottocento, tra cui opere storiche mai esposte prima d’ora, provenienti da 60 collezioni pubbliche e private.

Le sezioni iniziali della mostra sono dedicate agli esordi della fotografia e quindi alla dagherrotipia. Qui spiccano alcuni maestri svizzeri di quest’arte come il banchiere, diplomatico e dilettante ginevrino Jean-Gabriel Eynard e l’incisore Johann Baptist Isenring, celebre per i ritratti dagherrotipi a “grandezza naturale”. Emerge chiaro come, nei suoi primi passi, anche in Svizzera la fotografia fosse ancora fortemente intrecciata – per la scelta dei soggetti, principi compositivi e utilizzo – con le altre arti, in particolare la pittura, a cui si sostituirà come valida alternativa per ritratti economici. Ma anche con le arti grafiche, di cui si mette al servizio.
Seguono una serie di opere in cui, grazie allo sguardo esterno, quello dei viaggiatori, comincia a essere immortalata la grandiosità del paesaggio svizzero e delle sue montagne, fino a trasformarsi in un veicolo potentissimo per la pubblicità turistica.
Sorprende il taglio incredibilmente moderno degli spettacolari dagherrotipi dell’artista inglese John Ruskin, che realizza le prime fotografie del Ticino, come quella di una roccia vicino al Castelgrande di Bellinzona (1858) o, nel 1849, la prima immagine mai scattata del Cervino.
Da segnalare anche una foto mozzafiato del del 1864 del celebre fotografo francese Adolphe Braun, che cattura le infinite distese del ghiacciaio del Rodano attraversato da un gruppo di scalatori, tra cui anche una donna.
La fotografia viene anche impiegata per creare un’identità svizzera idealizzata, che deve distinguersi dallo straniero. Questo fenomeno è evidente nella serie “Customes Suisses” (1875 ca) di Traugott Richard, con tipi contadini e ragazze in un costume tradizionale che non corrisponde a nessuna realtà. Ma, prima che altrove, la fotografia è utilizzata in Svizzera per identificare lo straniero e il diverso all’interno dei confini del Paese. In mostra, un corpus unico di ritratti su carta salata segna l’inizio della cosiddetta fotografia segnaletica: si tratta di ritratti di senza tetto e nomadi, realizzati nel 1852-53 dallo stesso Carl Durheim – persone che, dopo la fondazione dello stato nel 1848, vengono spostate da un cantone all’altro senza essere accettate.
John Ruskin e Frederick Crawley, Bellinzona. Castelgrande. Mura e torri, 1858 c., Dagherrotipo. Courtesy of K & J Jacobson, UK Adolphe Braun, Il ghiacciaio del Rodano, 1864, Albumina. ETH-Bibliothek Zürich, Bildarchiv
Un’ampia sezione alla fine del percorso espositivo evidenzia il ruolo della fotografia, dalla fine degli anni ’60 dell’Ottocento, nel documentare la scienza, la medicina, gli sviluppi tecnici e lo sviluppo urbano ed idraulico del territorio svizzero.
Sono parte della mostra anche un video con le interviste al curatore Martin Gasser e alla curatrice Sylvie Henguely e un video sui dagherrotipi e le tecniche fotografiche, con la restauratrice Sandra Petrillo.
La mostra è inoltre accompagnata da un catalogo disponibile in tedesco e francese editao da Steidl Verlag, Göttingen.
Vademecum
MASI | LAC
Piazza Bernardino Luini 6, 6900 Lugano