NAPOLI – Una ricerca di tipo archeologico è quella realizzata da Maurizio Finotto (Venezia, 1968), che ha raccolto, conservato e alla fine re-interpretato gli oggetti di plastica ritrovati fra i litorali italiani, nell’arco di dieci anni.


Una raccolta che ha trovato espressione creativa nella mostra “Archeologia da spiaggia”, a cura di Melania Rossi, ospitata fino al 31 luglio 2022, nelle sale della Stazione Neapolis del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Assemblando e dando una nuova vita agli oggetti “dimenticati” e trascinati dalla risacca, Finotto – come sottolinea il Direttore del Museo, Paolo Giulierini – con questa esposizione, che gioca molto sul fattore ironico, “ci ricorda le urgenze dei nostri tempi: se non ci fermiamo, infatti, l’elemento che daterà la nostra epoca rischia di essere la plastica, a differenza della ceramica per il mondo antico”.

La mostra presenta tredici opere, tra sculture, diorami, calchi, video-installazioni e video-animazioni, messe a confronto con una decina di reperti provenienti dai depositi del Museo. Tra questi il canopo di Ka-uab in alabastro, databile tra la XXII e XXVI dinastia, insieme a un frammento di idolo egizio, una mano in terracotta, ex voto proveniente dall’area sacra santuario di Ponte delle Monache nel territorio di Calvi Risorta (Caserta), e altri oggetti di vita quotidiana dalle città vesuviane (bicchieri, tazze e coppe in vetro, coppette in terra sigillata italica), databili tra la fine del I secolo a.C. e la conclusione del secolo successivo.
“Non c’è nulla di casuale nell’incontro tra il MANN, che negli ultimi anni ha dedicato molta attenzione ai temi ambientali legati al mare, basti ricordare la mostra ‘Capire il cambiamento climatico’ , e la ricerca dell’artista Maurizio Finotto. – Chiarisce Giulierini – Proprio come un archeologo, andando oltre l’accezione negativa della plastica rispetto all’ecosistema marino (tutti sappiamo che purtroppo un’enorme isola si è formata nell’Oceano ed è grande più di due volte la Francia), Finotto legge questo materiale di scarto anche in chiave di memoria, come reperto della quotidianità”.
Ad aprire la mostra sono le parole dello scrittore Ermanno Cavazzoni, che sottolineano e valorizzano l’ironia del lavoro di Finotto: “Nell’anno corrente 2799, a mille anni dal ritrovamento della Stele di Rosetta, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli arricchisce la sua collezione permanente con nuovi reperti, costituiti da oggetti di materie plastiche ritrovati sui litorali italici.“
Tra le opere esposte, in un allestimento curato dagli architetti Silvia Neri e Marinella Parente con la curatrice Melania Rossi e lo stesso Finotto, in collaborazione con lo Studio Trisorio, vanno sicuramente menzionati i vasi canopi in plastica, nuove divinità tutte legate alla società dei consumi: ecco allora SVITOL, protettore delle Porte della Luce (“LUX”), serrature dell’aldilà; ASTRO ROBOT, effige di sacerdote o dio del Sole (“SOL”); NELSEN, testa a guisa di pipa di origine misteriosa, forse identificabile con una divinità. E poi ancora reminiscenze dei calchi vesuviani, che si possono ritrovare ad esempio nel Bambino Pompeiano, una scultura in gesso e plastica grazie al quale l’artista ha creato un parallelismo fra le eruzioni del vulcano e le catastrofi determinate dall’inquinamento ambientale. Infine, il diorama “Spiaggia” che raccoglie, in un’unica e multiforme prospettiva, un campionario di oggetti ritrovati sugli arenili.