ROMA – «Il Festival è uno dei contributi che l’Ordine dona a Roma e al suo territorio». Con queste parole il presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma Alessandro Panci ha inaugurato, l’11 giugno, la quarta edizione di FAR, il Festival dell’Architettura di Roma – organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma e provincia, con il patrocinio del Comune di Roma e della Città Metropolitana di Roma Capitale, della Regione Lazio, delle università Roma Tre e Sapienza, del Coni e del Comitato italiano Paralimpico.
Per Panci «diffondere la conoscenza della propria realtà, confrontarla con altre esperienze, osservarla da più punti di vista sono elementi alla base di ogni intervento consapevole: farlo in un contesto ampliato come quello di FAR, permette di avere tante occasioni per coinvolgere addetti ai lavori e cittadini».
Un Festival diffuso sul territorio, con le sue attività tra Ostiense e l’Esquilino, «inclusivo e aperto a tutti con momenti culturali, tecnici e ludici e condiviso tra realtà locali e internazionali attraverso lo scambio di informazioni e momenti di confronto», ha detto Panci.
«Ci aspetta una nuova fase in cui dobbiamo avere chiaro l’obiettivo» – ha affermato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor: «prenderci cura di ogni singolo quartiere, promuovendo una visione di insieme che sia all’insegna delle parole d’ordine del Festival: innovazione, inclusione e sostenibilità».
Gotor ha quindi concluso: «La Casa dell’Architettura rappresenta un importante punto di riferimento per la città, e abbiamo bisogno di tutte le migliori intelligenze per coniugare crescita e socialità. Perché le idee servono per costruire la città che i nostri figli vivranno».

Per Amedeo Ciaccheri presidente dell’VIII Municipio: «Ostiense torna ad essere un luogo centrale e con il Festival, passa da zona industriale a distretto della creatività e della conoscenza».
«Uno dei principali obiettivi del Festival è abbattere i luoghi comuni »- ha spiegato la direttrice di Far Alice Buzzone: «Come Ordine, da tempo, abbiamo costruito sinergie e soprattutto durante questi giorni ci interrogheremo su come Roma può allineare i suoi spazi per diventare inclusiva come le altre capitali europee».
La giornata di lunedì 13 giugno è stata dedicata all’inclusione e all’abitare fragile.
La mattinata, alla Casa dell’Architettura, è iniziata con un dibattito che ha visto la partecipazione tra gli altri, di Tobia Zevi, assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative di Roma Capitale e Maura Cossutta, presidentessa della Casa delle Donne, per ragionare su come Roma può superare le disuguaglianze di genere e sociali e ridisegnare una nuova geografia urbana a portata delle donne. Cossutta ha rilanciato l’appello già raccolto dal sindaco della Capitale Roberto Gualtieri in ottobre allargandolo all’assessore Tobia Zevi e all’Ordine degli Architetti di Roma. «In città mancava da tempo un vero dibattito pubblico sulla progettazione urbanistica, come visione politica» – ha spiegato Cossutta. – «Quando si parla di costruire una città femminista, significa includere e progettare un luogo intersezionale che sia aperto a tutta la comunità, partendo dai più fragili, e non avere un approccio settoriale». Perché dove passa «un passeggino, passa una carrozzella; dove ci si sente al sicuro, c’è libertà».

Un’idea di comunità cui aspira anche Zevi, che ha affermato: «La pandemia ci ha insegnato che l’inclusione passa per la condivisione: vorrei consegnare agli architetti la progettazione di un abitare condiviso e condivisibile per una Roma del futuro». Zevi non dimentica il problema delle case popolari: «A Roma mancano quasi 50mila abitazioni, manca una visione. Esiste la volontà da parte dei privati a contribuire al co-housing e all’edilizia agevolata, ma oggi è necessario anche un recupero virtuoso senza dimenticare l’idea di futuro».
A seguire uno tra i più importanti architetti contemporanei, Mario Botta, con una lecture sul sacro e sul profano visti in chiave moderna con al centro la figura dell’uomo. Botta ha ribadito che «non c’è architettura senza comunità e non c’è comunità senza architettura». Infatti: «L’architetto lavora durante la pandemia e dopo una guerra: noi cerchiamo le origini del nostro mestiere e come architetti dobbiamo dare il significato su cosa è l’abitare oggi».
Domani, martedì 14 giugno, il Festival è incentrato sul tema del lavoro, presente e futuro.