ROMA – Tutti conoscono Banksy, il più famoso writer le cui opere riempiono i muri delle strade di tante città importanti. Pochi sanno, però, chi si nasconde dietro quello pseudonimo. Lo stesso vale per Laika, la Banksy italiana, come l’ha definita un giornale argentino, pseudonimo che rievoca la cagnetta sparata nello spazio dall’Unione Sovietica nel 1957 per sperimentare come sarebbe andata con il primo astronauta della storia, l’ormai famoso Yuri Gagarin, che ebbe il piacere di tornare vivo a terra, a differenza di Laika, che da 65 anni gira in orbita e lo farà per sempre. Sarà per questo che il suo nome ha colpito la street artist di casa nostra che lo ha scelto per continuare sui muri, non vista e non riconoscibile, la sua quotidiana opera di protesta.


Un documentario, presentato alla diciassettesima Festa del Cinema di Roma, racconta due anni di Laika al lavoro. Lo ha realizzato Antonio Valerio Spera, regista esordiente che rivela una buona predisposizione per la macchina da presa. Girato a Roma, in Bosnia, a Francoforte e in Polonia, il film si avvale di testimonianze dirette di giornalisti che conoscono la misteriosa Laika e ne illustrano il lavoro notturno, particolarmente nelle strade di Roma, di cui sono mostrati scorci inconsueti. Sono immagini per lo più ritagliate dal cartone e incollate sui muri quando la città dorme. All’indomani, alla luce del sole attireranno l’attenzione dei passanti con messaggi di denuncia o di pace o di protesta: sono scritte razziste tracciate su immensi striscioni che riempiono (con i nomi degli autori, quindi esposti al pubblico ludibrio), quello che giustamente è detto “il muro della vergogna”.
E’ interessante vedere come nasce un murale: armata di secchi di colla, di vernice, di rotoli di carta, di scalette, pennelli e tutto l’armamentario del writer che sa di dover agire in fretta, prima che qualcuno lo scopra, Laika è costantemente sotto l‘obiettivo ma irriconoscibile: una maschera le copre il volto, la voce è contraffatta, allo spettatore dispiace non conoscerne il volto, resta la sua opera personalissima, che qui vediamo dedicata prima alla pandemia, poi alla protesta, infine alla guerra in Ucraina. E c’è anche una fugace immagine-ricordo della Laika astronauta per forza, che le ha suggerito il nome di battaglia.
• Life is (not) a game
• Regia di Antonio Valerio Spera
• Un film di genere Documentario
• Italia, 2022
• Durata 83 minuti.