Una grande esposizione che prende spunto dai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra) di Francisco José de Goya y Lucientes, sviluppando il tema del conflitto attraverso opere storiche e nuovi progetti di artisti contemporanei
TORINO – Fino al 19 novembre 2023, il Castello di Rivoli ospita Artisti in guerra, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del museo, e Marianna Vecelli.
La mostra è l’ultima del progetto pluriennale di esposizioni e ricerca dal titolo Espressioni.

Foto / Photo Sebastiano Pellion Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Una riflessione sugli orrori della guerra
“Gli eventi internazionali recenti – spiega Carolyn Christov-Bakargiev – ci hanno portato a realizzare una nuova mostra ad hoc che indaga il significato della guerra, a domandarci come alcuni esseri umani particolarmente empatici, gli artisti, elaborino la violenza organizzata e solo apparentemente razionale della guerra evidenziandone l’orrore oppure per contrasto il suo mistero – sospeso come è tra massima imprevedibilità e massimo calcolo”.
L’esposizione che apre l’attività espositiva 2023 del Castello di Rivoli, è ospitata al terzo piano della Residenza sabauda, e presenta le opere di Francisco Goya, Salvador Dalí, Pablo Picasso, Lee Miller, Zoran Mušič, Alberto Burri, Iri e Toshi Maruki, Fabio Mauri, Bracha L. Ettinger, Anri Sala, Michael Rakowitz, Dinh Q. Lê (con opere tra l’altro di Le Lam, Phan Oanh, Nguyen Thu, Truong Hieu, Nguyen Toan Thi, Kim Tien, Quach Phong, Huynh Phuong Dong, Minh Phuong), Vu Giang Huong, Rahraw Omarzad e Nikita Kadan.

Foto / Photo Sebastiano Pellion Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
La rassegna – sottolinea Francesca Lavazza, presidente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – “raccoglie una riflessione profonda sulla contemporaneità, grazie al lavoro degli artisti che attraverso i secoli hanno saputo raccontare le discontinuità del presente e la conflittualità, interpretata attraverso la loro personale sensibilità nel tempo che stavano vivendo. Le opere esposte riescono così a scuotere il pubblico su tematiche controverse e difficili, rappresentando gli orrori della guerra, trasversali a tutti i conflitti”.

“Per il filosofo greco presocratico Eraclito – rammenta ancora Carolyn Christov-Bakargiev – l’essere si rivela nella guerra, Πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι (polemos pantōn men patēr esti – la guerra è padre di tutte le cose). Il filosofo francese Emmanuel Lévinas, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che egli trascorse in parte in un campo di prigionia tedesco, ci ricorda che l’essere si rivela al pensiero filosofico come guerra cioè nel contrasto tra la finitudine della morte – massimamente percepibile in guerra – e l’incommensurabilità senza limiti dell’esistenza. In questo intervallo o interregno tra vita e morte, l’artista trova nell’arte un modo per tirarsi fuori dal conflitto e dal pensiero avversariale e per espandere all’infinito il tempo e lo spazio, anche quotidiano. Attraverso una serie di esempi del passato e alcune opere nuove realizzate da artisti oggi in guerra, questa mostra vuole indagare il tema culturalmente, psicologicamente, esteticamente, storicamente, filosoficamente. Per aprire una riflessione che vada oltre la semplice rimozione della guerra, oltre la spiegazione meramente economica di essa, oltre la paura o – altra faccia della stessa medaglia – la sua celebrazione come necessità e minor male”.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
I disastri della guerra – il percorso della mostra
Da Goya a Fabio Mauri
Il percorso inizia nell’atrio del terzo piano con una selezione di immagini fotografiche d’archivio provenienti dalle Collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, raffiguranti la città sabauda distrutta dai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale (1939–1945).
In quest’area della mostra, viene anche presentata l’opera di Iri e Toshi Maruki (Iri Maruki: Hiroshima, 1901–1995 / Toshiko Amakatsu Maruki: Chippubetsu, Hokkaido, 1912 –Hiroshima, 2000), testimoni diretti degli effetti delle esplosioni nucleari a Hiroshima e Nagasaki.
Nella Sala 34 la Guerra d’Indipendenza spagnola (1808–1814) fa da sfondo ai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra), 1810-1815, di Francisco José de Goya y Lucientes. Si tratta di un ciclo di 83 incisioni realizzate nel periodo segnato dal conflitto con gli invasori napoleonici francesi.

La stessa sala presenta anche in anteprima il più recente dipinto dell’artista e psicanalista Bracha L. Ettinger (Tel Aviv, 1948), Medusa – Rachel – Pietà, 2017-2022, da cui emergono volti allucinati ma anche profonda bellezza.
La Sala 35 indaga la Seconda Guerra Mondiale. In questa sezione è esposta una selezione di opere in dialogo con il dipinto Tête de femme (Testa di donna), 1942, di Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) realizzato in pieno conflitto e che deriva in parte dal celebre dipinto Guernica, 1937. Il viso straziato e diviso in due della figura dell’artista e amica Dora Maar (Parigi, 1907–1997) probabile soggetto del ritratto, assomiglia inoltre a figure femminili raffigurate in Guernica.
Nella medesima Sala si trova l’opera di Salvador Dalí (Figueres, 1904–1989), Composition avec tour (anche intitolato Bozzetto per sipario di scena di “Café de Chinitas”), 1943 ca. Ma anche i libri con rare e uniche legature di Pierre-Lucien Martin della Collezione Cerruti Solidarité. Poème, 1938, e Au rendez-vous allemand, 1944, del poeta surrealista francese Paul Éluard (Saint-Denis, 1895 – Charenton-le-Pont, 1952).

Courtesy l’artista / the artist, Gallery Transit e / and Gallery Campagne Première Realizzato con il supporto di / Produced with the support of Dr. Gino Viliani, Dilyara Allakhverdova e / and Elchin Safarov
Foto / Photo Sahir Uğur Eren
Una parte della Sala 35 è invece dedicata alla vicenda di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995). Dell’artista umbro è esposto il suo primo dipinto, l’olio su tela Texas, 1945, una delle poche opere realizzate durante la permanenza nel campo di prigionia che egli ha voluto riportare in Italia nella sua nativa Città di Castello.
Accanto a Texas, sono esposti due Sacchi dei primi anni cinquanta, Sacco e Rosso, 1954, della Collezione Cerruti, e Sacco, 1954, della Fondazione Magnani Rocca. Si tratta di espressioni della certezza folgorante dell’artista che la materia stessa, la iuta, strappata e ricucita come un corpo dopo un trauma, possa esprimere senza racconto, senza figurazione, la realtà e l’alterità assolute dell’esperienza dell’esserci.

Troviamo poi l’opera concettuale Linguaggio è guerra, 1974, di Fabio Mauri (Roma, 1926–2009). Scioccato dalla scoperta dell’Olocausto, l’artista italiano fu internato in manicomio subito dopo la guerra e fino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso in preda a crisi mistiche. A partire dalla fine degli anni Cinquanta, sviluppò un’arte basata sull’indagine tra bellezza, male, ideologia e potere. In Linguaggio è guerra, egli riflette all’inizio degli anni Settanta sul rapporto tra la manipolazione ideologica (il linguaggio) e la guerra in generale.
I conflitti più recenti
Le successive sale, la 36, la 36 bis, la 37 e la 38, ospitano opere più recenti. Nella Sala 36 una sezione è dedicata alla raffigurazione artistica della ‘Guerra del Vietnam’ o ‘Seconda guerra di Indocina’ o ‘American War’. In mostra l’installazione Light and Belief. Voices and sketches of life from the Vietnam War (Luce e fede. Voci e schizzi di vita dalla guerra del Vietnam), 2012, dell’artista vietnamita Dinh Q. Lê (Ha-Tien, 1968).

Nella sala seguente (36 bis) è allestita una testimonianza dedicata alla Guerra in Ucraina, in corso a partire dall’invasione russa del febbraio 2022. La guerra è elaborata dalla prospettiva dell’artista ucraino Nikita Kadan nella grande installazione The Shelter II (Il rifugio II), 2023, che si configura come il naturale proseguimento dell’opera omonima The Shelter, realizzata dall’artista nel 2015 per la 14° Biennale Istanbul e dedicata al Donbass.
Nel Sala 37 viene ricordata la Guerra nei Balcani (1990–2001), con il video dell’artista albanese Anri Sala (Tirana, 1974) Nocturnes (Notturni), 1999.

I conflitti in Medio Oriente (1948 – in corso) sono invece raccontati attraverso il film The Ballad of Special Ops Cody (La ballata dell’agente speciale Cody), 2017, dell’artista americano di origine irachena Michael Rakowitz (Long Island, New York, 1973), il cui lavoro indaga le contraddizioni delle guerre in Iraq (2003–2011).
Il percorso si conclude, nella Sala 38 e nell’ambiente sottotetto del Museo, con gli echi delle più recenti guerre in Afghanistan, evocate nelle opere dell’artista afghano Rahraw Omarzad, fuggito nell’autunno 2021 anche grazie all’impegno del Museo e del Governo italiano.

Dell’artista è esposta anche un ultima opera del 2022: il film New Scenario (Nuovo scenario) girato in video durante i mesi di residenza al Castello di Rivoli, all’interno di un rifugio antiaereo di Torino costruito nel 1943 dopo i primi grandi bombardamenti della città.
Il film propone una riflessione sulla circolarità del destino umano e sulle difficoltà di affrancamento dalle logiche del trauma, della ferita e del conflitto.
Castello di Rivoli Artisti in guerra 15 marzo – 19 novembre 2023 Piazza Mafalda di Savoia Rivoli – Torino Info: +39 0119565222 come arrivare |