NAPOLI – Aulo Pedicini, classe 1942, artista originario di Foglianise (Benevento), è protagonista della mostra Annerite scaglie, a cura di Generoso Bruno, ospitata al MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Un artista poliedrico
Scultore, pittore, performer, grafico, incisore e decoratore di tessuti, Pedicini è attivo sulla scena artistica napoletana sin dagli anni ’60, quando le sue produzioni si caratterizzano per uno stile immediato ed informale.
Ha quindi attraversato le neoavanguardie degli anni ’70, muovendo dagli echi del post-cubismo e del surrealismo dada e utilizzando anche materiali non convenzionali.
Proprio in questi anni Pedicini prende parte alla Quadriennale di Roma (1975), alla XXXVII Biennale di Venezia (1976) e al Festival Dada (1979) a Los Angeles.
Allo stesso tempo la sua pratica scultorea indaga il consumo, l’oggetto, lo scarto e la sua possibilità assemblativa.

Sempre negli anni ’70 anni realizza performance di grande impatto: Il Malato, realizzata presso l’Ospedale Psichiatrico Frullone di Napoli, fu presentata a Venezia in occasione della Biennale del 1976.
Con la produzione in bronzo, Pedicini recupera l’idea della pratica scultorea di grande dimensione, nella quale si riconoscono anche suggestioni metafisiche.
Le sue opere sono presenti in diversi musei e istituzioni pubbliche in Italia e nel mondo.
La mostra
L’esposizione, inaugurata il 29 marzo al MANN, rappresenta un’antologia della produzione di Pedicini. In mostra circa 100 opere, tra cui anche gli ultimi lavori, nei quali l’artista è tornato all’assemblaggio, questa volta attraverso la tecnica del collage.
“Il titolo della personale di Aulo Pedicini – spiega il curatore Generoso Bruno – nasce dalle parole di un ultimo e recente componimento poetico dedicato all’Artista dal fratello Gerardo (1937 – 2022). Le parole di Gerardo Pedicini ci conducono verso l’origine – primordiale e alchemica – di una scultura interpretata come tentativo e come scoperta della rappresentazione”.

Il percorso espositivo prende avvio con le teche degli anni ’60, passando ai più recenti bronzi (circa 15 opere) – esposti nella sala che introduce la sezione epigrafica – per arrivare agli ultimi lavori pittorici (circa 85).
“La mostra – racconta ancora il curatore – offre un prezioso saggio antologico del lungo percorso produttivo dell’Artista. Tornano in esposizione le teche e le sculture di assemblaggio celebrate, al tempo, dall’incoraggiamento di Pierre Restany come ‘prospettiva aperta nell’avventura dell’oggetto’ quando Pedicini, intervenendo sulla frazione di scarto prodotta dall’effimera opulenza della società dei consumi, indagava – alla maniera di un archeologo del tempo presente – la produzione di massa e il suo uso sociale. Materiali ignobili capaci, dunque, di disvelare, attraverso lo sguardo radicale dell’Artista, l’ordinario squallore dell’esistente”.
Ad esemplificare la produzione più recente di Pedicini è la moltitudine di interventi sulle scale di grigio in glossy paper e le numerose Trasposizioni di questi su tela e altri supporti.
Il percorso procede con la sezione “metropolitana” introdotta da uno scatto di Mimmo Jodice all’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli. In mostra è presentata l’intera serie fotografica della performance “Progressione in uno spazio definito”, del 1966, in cui Pedicini è ritratto dall’obiettivo dello stesso Jodice.