ROMA – Una magnifica testa dell’imperatore Augusto, dopo 40 anni di esilio al Museo di Bruxelles torna ora alla sua collocazione originaria, ovvero a Nepi. La statua risalente a 2000 anni fa, raffigurante un giovane Ottaviano Augusto, si trovava in Belgio, nel museo di Bruxelles. Il reperto era scomparso dai portici del municipio sulla piazza principale del comune della provincia di Viterbo negli anni ’70. La sua scomparsa all’epoca in realtà non destò grande scalpore, tanto che non fu addirittura segnalata alle autorità competenti. La statua togata sulla quale si trovava rimase al suo posto, acefala, e gli abitanti di Nepi col tempo si sono abituati a vederla così. C’è da dire che con tutta probabilità, come ha spiegato l’archeologo Stefano Francocci, conservatore del museo di Nepi, quello “non era il suo sostegno originario, visto che le proporzioni non erano rispettate”.
Dopo qualche anno dal furto, comunque, la testa venne esposta da un antiquario di Zurigo e qui fu regolarmente acquistata, per circa 35 mila franchi svizzeri, dal Museo Reale d‘arte e storia di Bruxelles, dove è poi rimasta per quarant’anni. È soltanto nel 1980 che le autorità italiane hanno segnalato la sua scomparsa. Le ricerche sono però state avviate solo due anni fa, quando in vista dell’apertura del museo archeologico di Nepi, sono stati catalogati tutti i beni in possesso del Comune.
Si deve all’archeologa Germana Vatta, che aveva intrapreso lo studio di un’altra testa conservata nei magazzini del Museo Civico di Nepi, il merito di aver riconosciuto nel 2013 la testa di Nepi nella scultura raffigurante Augusto conservata presso i Musees di Bruxelles. Dopo la segnalazione della Vatta e una prima indagine della Guardia di Finanza di Roma, l’incontro a un evento tra la responsabile della sezione antichità del museo belga e una funzionaria della Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria meridionale, la questione è stata trattata direttamente tra Soprintendenza e direzione dei Musees di Bruxelles.
Oggi finalmente il reperto è stato riconsegnato al sindaco di Nepi, Pietro Soldatelli, in una cerimonia alla Farnesina. Si tratta di fatto del pezzo più pregiato di quel poco che è rimasto a testimonianza dell’importante presenza della civiltà romana nel territorio di Nepi.
Il vice ministro degli Esteri, Mario Giro, durante la cerimonia ha dichiarato: “La restituzione di questo preziosissimo reperto è il risultato di una collaborazione stretta tra i nostri paesi ma è anche il simbolo della multiculturalità inclusiva dell’Europa, in un’epoca in cui il genocidio culturale e la distruzione delle opere d’arte a cui assistiamo in Siria o in Iraq sono il segno evidente del tentativo di cancellare la memoria”. Giro ha inoltre ricordato che ”l’Italia dispone della più grande banca dati di beni culturali trafugati del mondo, con oltre 5 milioni di opere censite”. ”Una punta di eccellenza”, ha sottolineato ancora Giro, possibile grazie al ”lavoro silenzioso e continuo” svolto dal Nucleo di tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. E a tutela dei beni e delle opere d’arte, ha sottolineato, Roma ha voluto proporre ”all’Unesco di istituire i Caschi blu della Cultura. Si inizia con il furto per giungere alla distruzione e alla cancellazione della memoria di una civiltà”. “L’impegno per la tutela della cultura e il recupero delle opere d’arte – ha concluso Giro – per noi è un elemento strategico”.