NEW YORK – E’ stato battuto per quasi 2,2 milioni di dollari “Ritratto di un gentiluomo”, un dipinto di Andrea del Sarto, pseudonimo di Andrea d’Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore Vannucchi (Firenze, 1486-1530), riscoperto recentemente in una collezione privata italo-americana.
L’opera che, presumibilmente rappresenta Ottaviano de’ Medici, raffigura appunto un gentiluomo che indossa un grande cappello, con una scatola di sigilli di cera appoggiata su una sporgenza davanti a lui.
Presente nei secoli scorsi in una collezione aristocratica di Napoli, il dipinto fu portato dalla stessa famiglia proprietaria, emigrata a New York nel 1908, per poi passare in eredità ai discendenti che ora hanno deciso di metterlo in vendita.
Andrea del Sarto
Andrea del Sarto emerse come il pittore preminente a Firenze intorno al 1508, dopo la partenza di Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello. L’artista produsse un piccolo numero di ritratti nel corso della sua carriera trentennale, sebbene questo non fosse l’obiettivo principale della sua attività.
L’opera venduta
“Ritratto di un gentiluomo” è stata confermata come opera autografa di Andrea del Sarto dal professor Sydney Freedberg, un eminente esperto dell’artista, in una lettera al proprietario, datata 14 gennaio 1991. Tuttavia, nonostante questa autorevole approvazione e il suo evidente significato – sia come opera appena scoperta dell’artista, che come notevole aggiunta all’inventario dei ritratti maschili fiorentini del primo Cinquecento di artisti come Franciabigio, Ridolfo Ghirlandaio, Giuliano Bugiardini, Francesco Granacci e lo stesso Sarto – il dipinto è rimasto sconosciuto fino ad oggi.
In base allo stile, il ritratto può essere datato alla metà degli anni 1520, rendendolo un lavoro maturo dell’ultimo decennio della vita dell’artista fiorentino (morto di peste nel 1530.) Questo fu un periodo di intensa attività: in quegli anni fu assorbito dalla campagna in corso per affrescare il Chiostro dello Scalzo con scene monocrome della vita di San Giovanni Battista, patrono di Firenze – una delle imprese più significative della sua carriera – e la monumentale Ultima Cena nel refettorio di San Salvi, una chiesa monastica allora alla periferia di Firenze. A indicare la datazione dell’opera anche alcuni dettagli dell’abbigliamento del personaggio ritratto, in particolare il cappello a tesa larga e la tunica con una voluminosa manica superiore, qui indossata sotto un mantello.