VENEZIA – Dopo il restauro di Alchimia (1947) di Jackson Pollock, de Lo studio (1928) di Pablo Picasso e della Scatola in una valigia (1941) di Marcel Duchamp, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia si appresta a iniziare un progetto di studio e conservazione sull’opera di Piet Mondrian, Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939, da parte del dipartimento di conservazione del museo.
L’indagine scientifica, che prede il via in queso mese di marzo, determinerà la posizione del colore grigio nella prima versione del quadro, Composizione n.1 con Grigio e Rosso del 1938, poi rimosso dall’artista stesso, con il conseguente cambiamento del titolo in Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939.
Nel 1943 Max Bill, architetto, designer amico di Mondrian, scrive che la la prima versione dell’opera includeva un piccolo riquadro grigio in alto a sinistra. Durante una conversazione con Angelica Rudenstine, autrice del catalogo ragionato della Collezione Peggy Guggenheim, è la stessa mecenate americana, che acquisì l’opera nel novembre del 1939, a suggerire che Mondrian avrebbe modificato il dipinto a New York, prima dell’apertura della galleria-museo Art of This Century, nel 1942, e che quindi questo cambiamento si sarebbe potuto verificare fra il 1941 e appunto il 1942. Tuttavia in un riproduzione dell’opera sul London Bulletin del 1939 il quadro sembra già essere stato rielaborato data l’assenza del riquadro grigio. Rimane dunque possibile che Mondrian sia nuovamente intervenuto sull’opera prima dell’inaugurazione di Art of This Century, senza però alterarne drasticamente la composizione come nell’intervento del ‘39. L’artista era solito tornare sui suoi dipinti perfezionando il nero delle linee e le tonalità sottili del bianco.
Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939 è uno dei pochi dipinti su cui l’artista olandese lavorò durante il suo soggiorno di due anni a Londra, tra il 1938 e il 1940, alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale. In questo periodo Mondrian comincia a discostarsi sempre più dalla sua soggettività, semplificando le opere, quasi in risposta alle complicazioni dell’epoca. Il dipinto in questione assume dunque una particolare importanza storica,quale manifesto dell’estetica del Neo-plasticismo.
Proprio nel 1938, a Londra, Peggy Guggenheim rimane affascinata dal lavoro di Mondrian. Da qui l’inizio di un singolare rapporto di amicizia, tanto che l’artista diviene uno dei principali punti di riferimento della cerchia degli avanguardisti che costellano la vita della collezionista.
Il progetto di studio interdisciplinare sull’opera sarà coordinato da Luciano Pensabene Buemi, conservatore della Collezione, che eseguirà il restauro dell’opera e supervisionerà la collaborazione con l’ISPC, Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale, e SCITEC, Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, che saranno coinvolti con le tecnologie più avanzate messe a punto per lo studio non invasivo della tela in situ. Le analisi scientifiche consentiranno l’identificazione dei materiali e delle tecniche impiegate da Mondrian e consentiranno un costante monitoraggio del dipinto durante il restauro. Lo studio coinvolgerà i dipartimenti di conservazione e curatoriale della Collezione Peggy Guggenheim e del Museo Solomon R. Guggenheim di New York. A sovrintendere il progetto saranno Lena Stringari, Deputy Director e Andrew W. Mellon, Conservatore capo della Fondazione Solomon R. Guggenheim, insieme a Gillian McMillan, Capo Conservatore Associato del Museo Solomon R. Guggenheim, apportando al progetto la loro precedente esperienza sulle opere di Mondrian.