MILANO – Considerato fin dagli anni Sessanta uno tra i personaggi più originali del dibattito culturale del secondo dopoguerra italiano, Emilio Tadini sviluppa il proprio lavoro pittorico per grandi cicli. Un clima surreale in cui confluiscono elementi letterari, onirici, personaggi e oggetti quotidiani, spesso frammentari, dove le leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente annullate, caratterizza le sue opere. Si tratta di immagini che sembrano emergere da un procedimento freudiano di relazioni e associazioni e dove le situazioni “reali” raffigurate sono immerse nell’atmosfera allucinata del sogno, in un clima appunto surrealista-metafisico.
Il procedimento di Tadini, più che sulla prima immagine del quadro, sulla serie: da un’immagine ne scaturiscono altre, modificandola e alterandola.
Punto di partenza per l’artista è la Pop Art. Non sono tuttavia le aggressive manifestazioni tipiche del pop americano a interessarlo, bensì le varianti più introspettive e personali, a volte intellettuali, politiche e critiche, del pop britannico.
La mostra milanese, oltre a un corpus di quadri, presenta anche una selezione di disegni e opere grafiche a testimonianza del fatto che Tadini ha sempre affiancato nei suoi “racconti per immagini” tela e carta, pittura e disegno.
Obiettivo del progetto espositivo è dunque ricostruire la figura di un artista totale (pittore, disegnatore, intellettuale, scrittore e poeta) colto e profondo, anche alla luce del particolare rapporto con Giorgio Marconi, gallerista, collezionista e soprattutto amico di Tadini.
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