FIRENZE – Il presunto giallo sulla “Venere al bagno” del Giambologna (1529-1608), esposta fino al 12 gennaio 2020 nella mostra “Plasmato dal fuoco. La scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici”, a Palazzo Pitti, è stato prontamente smontato dagli Uffizi.
Nei giorni scorsi il “New York Times” ha sollevato una serie di dubbi sull’attribuzione della splendida scultura in bronzo, citando le perplessità di alcuni studiosi.
Il tutto origina dal fatto che il proprietario della statua, il mercante d’arte di Londsra Alexander Rudigier, che come scrive il quotidiano newyorchese è amico di Eike Schimdt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, è da sempre sostenitore della paternità del Giambologna. Diversi esperti sostengono invece che la scultura sia solo una copia bronzea di una in marmo del Giambologna, esposta al Getty Museum di Los Angeles, peraltro di un secolo posteriore. Tra questi la storica dell’arte tedesca Dorothea Diemer, che sul NYT afferma: “Cercano di dare credibilità alla loro opinione esponendo la scultura. In più, è un’opera in vendita, quindi l’attribuzione fa la differenza. Ed è questione di tanti soldi”.
A smontare il caso sono gli stessi Uffizi che, replicando al quotidiano di New York, dichiarano: “Contrariamente a quanto affermato, non è corretto sostenere che una maggioranza degli studiosi sia contraria all’attribuzione di quest’opera a Giambologna. A favore si sono schierati, in maniera inequivocabile, numerosi e stimatissimi esperti della materia”. Tra coloro che sostengono infatti che la scultura sia da attribuire al Giambologna c’è Bertrand Jestaz, già professore a Parigi alla École nationale des chartes (Scuola Normale Superiore per la Paleografia), alla École du Louvre e alla École pratique des Hautes-Études, così come il professor Lars-Olof Larsson, autore della prevalente monografia sul più famoso allievo del Giambologna, Adriaen de Vries e ancora Charles Avery, già curatore del Victoria and Albert Museum di Londra e autore dell’unica monografia recente del Giambologna.
Inoltre la “Venere al bagno” in bronzo – sottolineano gli Uffizi – è già stata ampiamente discussa e analizzata in due tra le più importanti riviste scientifiche internazionali di storia dell’arte: il ‘Bulletin Monumental’ in Francia e il ‘Burlington Magazine’ in Inghilterra. La scultura, attualmente esposta a Palazzo Pitti, – si legge in una nota – è solamente firmata dal suo fonditore, che l’ha pure datata al giorno della fusione. Che un bronzo sia firmato dal fonditore corrisponde a un’usanza diffusa nel Rinascimento, ed oggi non più sufficientemente conosciuta”.
Spiega ancora la nota: ”La critica all’attribuzione è basata su una sbagliata lettura di questa iscrizione. È stato avanzato che la cifra ‘5’ del 1597 sia un 6 incompleto. Questa ipotesi non è tecnicamente verificabile e rimane del tutto speculativa. Si può facilmente immaginare che se fosse stato un ‘6’, l’autore avrebbe corretto il numero incidendo a freddo dopo la fusione la parte lasciata aperta di quello che si legge come ‘5’, cosa evidentemente non avvenuta”. “Alcuni commenti riportati sul ‘New York Times’ – continua la nota – si baserebbero su test eseguiti sul bronzo oltre dieci anni fa, quando ancora gli strumenti non erano sofisticati ed esatti come quelli di cui disponiamo ora”. “Il risultato degli esami scientifici eseguiti ultimamente dal Laboratorio scientifico dei Musei di Berlino, confermato dall’Oxford Institute, Wantage e ricontrollati dal Professor Ernst Pernicka, membro dell’Accademia Austriaca delle Scienze, al Centro di Archeometria a Mannheim permettono di escludere che il bronzo sia fuso dopo il 1648 con una probabilità di 99,7 percento”.
Riguardo all’amicizia di Schmidt col proprietario dell’opera, gli Uffizi replicano: “il direttore degli Uffizi, proprio in quanto esperto di bronzi antichi, conosce ed è in buoni rapporti con tutti gli antiquari del settore, tuttavia quando si tratta di stabilire quali opere debbano entrare o meno a far parte di una mostra, si attiene rigorosamente a valutazioni di tipo espositivo ed accademico. Che è lo stesso criterio seguito per scegliere se includere o meno opere di privati: con la doverosa precisazione che dall’ingresso di Schmidt alla guida degli Uffizi nel 2015, su un totale di oltre 90 esposizioni organizzate fino ad oggi, per circa 10mila opere complessivamente offerte alla visione del pubblico, sono stati selezionati prestatori privati in appena 90 casi”.
Infine concludono gli Uffizi: “La Venere non è mai stata esposta in una mostra scientifica, a confronto con altre opere dello stesso artista. Solo in questo ambito ognuno può formarsi un giudizio sulla questione. Il debutto a Palazzo Pitti è particolarmente prezioso proprio perché solo in pochi finora hanno avuto occasione di esaminarla in un contesto adeguato, quale è la mostra ‘Plasmato dal fuoco’”.