PADOVA – Riapre il 22 maggio 2021, in una vesta totalmente rinnovata, il Museo del Duomo di Cittadella (Pd). L’allestimento, secondo la scelta di privilegiare la qualità alla quantità, è stato curato dallo studio dell’architetto Gianni Toffanello che, in accordo con l’Ufficio diocesano per i Beni culturali e il Museo diocesano di Padova, ha selezionato alcune tra le opere raccolte lungo i decenni precedenti, inserendole in un percorso di arte, storia e teologia.
Tra i capolavori esposti si segnala la grandiosa Cena in Emmaus, datata 1537 di Jacopo da Ponte detto Bassano e una Flagellazione (fine XVI secolo) di particolare intensità, attribuita a Palma il Giovane, ma più verosimilmente riconducibile ad Andrea Vicentino.
In mostra anche la grande tempera su tavola raffigurante il Compianto sul Cristo morto, capolavoro della pittura veneta di metà Quattrocento, attributo da Federico Zeri ad Andrea da Murano. L’opera, realizzata in pietra di Vicenza con tracce dell’antica originale policromia proviene dall’antica chiesa abbaziale il Sant’Antonio Abate (XV secolo). Di solida potenza espressiva, l’opera richiama i secoli in cui sorse Cittadella, città murata medievale tra le più belle al mondo, che aveva ed ha la chiesa al centro dell’elisse delle sue alte mura (oggi percorribili lungo i quasi due chilometri del Camminamento di Ronda).
L’attuale chiesa è di epoca neoclassica, ma quella primitiva non è scomparsa e conserva architetture e soprattutto preziosissimi affreschi di età medievale: una duecentesca Madonna con il Bambino e Santa Margherita, una Crocifissione trecentesca di sapore giottesco, i monumentali Sansone e Golia e quel che rimane di un ciclo affrescato da Jacopo Bassano tra il 1537 e il 1539. Testimonianze d’arte e di storia che fanno parte del percorso museale proposto al visitatore negli attigui spazi aperti al culto.
Le sale del Museo ospitano altri “pezzi” di grande rilievo, tra cui spiccano le sculture lignee, tutte di epoca tardo medievale o rinascimentale. In particolare il busto policromo di una Vergine Annunciata, il mistico Crocifisso processionale quattrocentesco, sempre in legno intagliato e policromo, il San Rocco e il San Sebastiano cinquecenteschi.
«In queste sale si intrecciano due storie» – sottolinea mons. Luca Moretti, arciprete del Duomo. – «Una antica, che parte dal 1220 e racconta di opere d’arte belle e importanti. Una più recente, fatta di passione e volontariato, che ha ridato luce e splendore alla storia antica. Chi visita il museo può in qualche modo entrare in contatto con queste due storie. Con chi ha avuto la fortuna di costruire, abbellire, ornare, curare la nostra chiesa. E con chi ha ereditato un compito forse meno affascinante, ma non meno importante: custodire e tramandare quanto di bello e prezioso ha ricevuto. Credo questo sia il compito del nostro tempo».