Prende il via mercoledì 10 settembre la quinta edizione del Festival di Film di Villa Medici, appuntamento divenuto ormai una tappa imprescindibile del calendario culturale romano e internazionale: Il Festival si conferma infatti come un laboratorio vibrante di sperimentazione visiva e di incontro tra linguaggi, generazioni e visioni del mondo.
Con oltre trenta film provenienti da più di venti paesi e articolati in tre sezioni principali (Concorso, Focus e Piazzale), il Festival di Film è molto più di una rassegna cinematografica: è un invito ad attraversare le immagini come si attraversa il mondo, lasciandosi interrogare, stupire, toccare. Come afferma Sam Stourdzé, direttore dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici: «Cinque edizioni negli ultimi cinque anni sono più che un indizio: sono il riflesso di un festival che ha trovato la sua dimensione, che continua nell’intento di affermarsi e collocarsi geograficamente e culturalmente. In questa edizione, il Festival reitera il suo intento: celebrare un cinema libero, plurale e fuori dagli schemi.»
La prima serata si apre sotto le stelle, nel Piazzale tra i giardini di Villa Medici, con una prima romana molto attesa: GRAND CIEL di Akihiro Hata (2025, Francia/Lussemburgo, 92’, colore, V.O. francese con sottotitoli in italiano), alla presenza del regista.
Una storia tesa e inquieta: in un quartiere futuristico ancora in costruzione, un operaio scompare nel nulla. I sospetti dei colleghi si fanno sempre più forti, finché un secondo lavoratore svanisce. La tensione si addensa in questo racconto sul silenzio delle istituzioni e il lato oscuro del progresso. L’uscita nelle sale è fissata per febbraio 2026, con distribuzione No.Mad Entertainment.
Durante il Festival, le proiezioni si terranno su tre schermi distribuiti negli spazi della Villa: le Grand Salon, la sala Michel Piccoli e il Piazzale, con un programma fitto di incontri e anteprime.
La giuria di quest’anno riunisce tre personalità di spicco della scena contemporanea: Alain Guiraudie, regista, fotografo e scrittore, autore di sette lungometraggi, tre romanzi per P.O.L. e mostre fotografiche presentate dal 2019 in Francia e all’estero; Guslagie Malanda, attrice e curatrice indipendente, candidata nel 2023 al César come miglior promessa femminile e protagonista all’ultimo Festival di Cannes, oltre che autrice di mostre a Parigi e Lima; Anri Sala, artista visivo che dal 2000 espone in grandi manifestazioni internazionali e che nel 2013 ha rappresentato la Francia alla Biennale di Venezia. Oltre ai premi ufficiali, i giurati presenteranno le loro cartes blanches, programmi speciali che riflettono i loro universi creativi.
Il programma completo delle proiezioni è disponibile al seguente link: https://villamedici.it/it/programme/festival-di-film-2025
IL CONCORSO INTERNAZIONALE
Il cuore pulsante del Festival è, come sempre, il concorso internazionale, che riunisce dodici opere recenti da tutto il mondo, capaci di raccontare – con approcci, linguaggi e formati differenti – le tensioni, i desideri e le contraddizioni del nostro tempo. È una selezione eterogenea e profondamente libera, in cui convivono sguardi poetici e politici, invenzione visiva e riflessione critica, esperienze intime e affondi sociali.
Dalla Francia arriva +10K di Gala Hernández López, ritratto pungente di un ventunenne ossessionato dal successo facile e dal culto delle criptovalute, pronto a tutto pur di “ce la fare”. Sempre dalla Francia è anche Bonne journée di Pauline Bastard, che trasforma un laboratorio di oggetti di seconda mano in un sorprendente progetto collettivo d’arte partecipata.
Con un tono più lieve ma altrettanto profondo, Dieu est timide di Jocelyn Charles mette in scena un curioso incontro tra due passeggeri e una misteriosa donna in treno, in un delicato gioco di paure e confessioni. In Comment ça va?, invece, Caroline Poggi e Jonathan Vinel immaginano un mondo senza esseri umani, in cui otto animali si prendono cura l’uno dell’altro mentre cercano di superare i traumi lasciati dall’umanità.
Dal Libano, Children of Darkness di Haig Aivazian ci porta nei tunnel del potere e della memoria, tra found footage e animazione sperimentale, mentre il vietnamita Nguyễn Lê Hoàng Phúc firma Bury Us in a Lone Desert, un road movie anomalo e commovente su un ladro, un uomo in lutto e un viaggio inatteso.
Non manca la grande Storia, reinterpretata in chiave irriverente da Igor Bezinović in Fiume o morte!, racconto tra fiction e documentario punk dei mesi folli dell’occupazione dannunziana di Fiume. E c’è anche la storia personale e urbana di Hemel di Danielle Dean, girato in 16mm con attori non professionisti, in cui si esplora il volto nascosto di una città inglese cresciuta secondo i piani utopici del dopoguerra.
Con il monumentale O Riso e a Faca, Pedro Pinho ci conduce in Africa occidentale, dove un ingegnere portoghese si ritrova coinvolto in una rete di relazioni, sparizioni e nuove alleanze: un’opera ambiziosa che attraversa territori geografici e interiori. Di tutt’altro tenore è Lloyd Wong, Unfinished di Lesley Loksi Chan, che riunisce e monta i materiali lasciati dall’artista sino-canadese scomparso negli anni ’90, riflettendo sul senso dell’incompiuto, del tempo e della memoria.
Torna poi il paesaggio italiano in Paraflu, film firmato da Michela de Mattei e dal duo Invernomuto, che racconta, tra pellicola analogica e intelligenza artificiale, il ritorno del lupo nel Nord Italia come metafora del conflitto tra natura, tecnologia e identità.
Chiude la selezione The Hand That Feeds di Mtume Gant, presentato in anteprima mondiale: il ritratto intenso di un musicista hip-hop in crisi esistenziale, solo in una New York gelida e alienante, costretto a reinventare il proprio rapporto con il mondo e con sé stesso.