ROMA – Il MaXXI ospita, dal 21 aprile al 4 settembre 2016, la più grande retrospettiva mai realizzata di Superstudio. Il gruppo è tornato insieme a 50 anni dalla sua fondazione per la mostra SUPERSTUDIO 50, a cura di Gabriele Mastrigli, che dopo Roma andrà a Shangai.
Duecento opere, tra installazioni, oggetti, opere grafiche, fotografie, pubblicazioni, ripercorrono le tappe fondamentali di questo gruppo trasversale, metafisico, indefinibile, conosciuto per la forza delle sue immagini e per l’estrema varietà della sua produzione. Tra le opere in mostra in particolare i più importanti disegni, fotomontaggi e installazioni della serie Il Monumento Continuo (1969), gli Istogrammi d’architettura (1969-70) e Le dodici Città Ideali (1971), progetti attraverso i quali dimostrarono possibilità e limiti dell’architettura intesa come strumento critico della società.
All’epoca della loro formazione – spiega Natalini – non esisteva il concetto di “radicale”, la definizione di architettura radicale la diede Germano Celant in un articolo. Frassinelli dice invece di rifarsi a Karl Marx, essere radicali significa prendere le cose alla radice.
In occasione dell’esposizione, Superstudio ha anche realizzato due lavori ad hoc per il museo. Si tratta del Muro rosso, una sorta di mostra nella mostra che raccoglie circa 90 tra immagini e progetti del gruppo e il video Monumento continuo prodotto dal MAXXI, ripreso da un progetto del 1969 di cui esisteva soltanto lo storyboard, fatto del videomaker Lucio La Pietra.
Un recente articolo del New York Times ha definito il Superstudio come “gli architetti che non hanno mai costruito un edificio”. A questa definizione CristianoToraldo di Francia ribatte: “falso. L’abbiamo fatto autofinanziandoci e rendendo così possibile la produzione delle opere in questa mostra”. Sul motivo per il quale si sono sciolti invece la riposta è che “20 anni per un’avanguardia sono già troppi, inoltre ogni tentativo di battere il record di durata di un gruppo continuava a infrangersi con quello dei Rolling Stones’’.
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