TRENTO – L’artista tedesco Jürgen Lingl-Rebetez (Baviera, 1971) si è specializzato in scultura lignea grazie a un apprendistato presso il maestro Hans-Joachim Seitfudem, per poi trasferirsi in Svizzera nel 1996 e diventare un artista indipendente, incominciando a esplorare le potenzialità espressive della motosega. È infatti proprio con questo strumento “brutalmente sottrattivo” che l’artista “aggredisce” il legno per ricavarne monumentali animali, carismatici e fragili al tempo stesso.
Una modalità di approccio scelta e praticata intenzionalmente da Rebetez, proprio allo scopo di oltrepassare le forme precise e focalizzarsi sullo spirito interiore, l’animalità distintiva, l’essenza che pervade e vivifica il soggetto. A dare ulteriore verosimiglianza e vitalità al corpo, i tradizionali strumenti da intaglio (scalpelli e sgorbie) addolciscono qualche tratto e – infine – pochi colpi di pennello con i colori a olio, forniscono elementi di ancor maggiore identità, e il realismo/vitalismo figurativo diviene decisamente impressionante.
Dietro l’eccellenza del risultato c’è la profonda conoscenza anatomica di Rebetez, che ha memorizzato e fatto propri i rapporti dimensionali, le proporzioni e le armonie tra corpi e crani, mandibole e mascelle, occhi e narici di specie animali, molte delle quali a rischio estinzione.
La mostra, dal titolo Wildlife e ospitata dal 14 giugno al MUSE-Museo delle Scienze di Trento, propone circa 30 sculture, raccolte in quattro nuclei tematici.
Accanto al pantheon selvaggio dei Grandi Carnivori trovano spazio i gruppi delle specie artiche, di ambienti temperati e – infine – un angolo dove l’autore concede il suo tributo artistico e passionale al cavallo, un animale di sicuro non minacciato ma che l’uomo va lentamente “dimenticando” dopo averlo reso un elemento cardine della sua storia.
Michele Lanzinger, direttore del Museo, spiega: “L’opera di Rebetez si pone idealmente tra una sorta di approccio anatomico comparato esperto e la sua interpretazione artistica. Una relazione che per certi versi esalta, quasi iper rappresenta, l’essenza del soggetto rappresentato. Una volta di più, l’arte è un linguaggio che permette di costruire una relazione trasfigurata con il vero – la dimensione zoologica in questo caso – amplificandone e specificandone i suoi tratti caratteristici. Ed è proprio l’esposizione a questa “realtà trasfigurata” che attiva in noi, in quanto osservatori, quel processo di aggancio alle nostre esperienze pregresse e di re interpretazione che genera quel sentimento di pienezza che chiamiamo esperienza artistica”.
La mostra rimarrà aperta fino al 12 gennaio 2020.
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