BERGAMO – È un omaggio alla libertà creativa e all’emancipazione dai vincoli della tradizione il progetto espositivo “Libera. Tra Warhol, Vedova e Christo”, che nasce dall’incontro tra le raccolte della GAMeC e un nucleo di prestigiosi lavori confiscati in Lombardia e gestiti dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati.
In mostra una selezione di opere di alcuni tra i più celebri artisti internazionali della seconda metà del Novecento, suddivisa in quattro sezioni tematiche, che raccontano la volontà degli artisti di superare i canoni dell’arte tradizionale per liberarsi da regole stabilite, valori consolidati e convenzioni.
Le sezioni
Libera dalla forma
La prima sezione riunisce una serie di dipinti e disegni di alcuni tra i più importanti esponenti del movimento Informale, insieme ad altri meno noti. Presenti opere degli anni Cinquanta e Sessanta di maestri della corrente gestuale come Wols, Mark Tobey e Georges Mathieu, nelle quali il segno fluisce in racconti calligrafici, oppure si staglia su fondi a registri di colore, come nel caso di Hans Hartung, si affiancano a esemplari pittorici di matrice prettamente materica, come il prezioso Catrame (1950) di Alberto Burri e il Paesaggio a Imbersago (1957) di Ennio Morlotti, entrambi parte della Collezione GAMeC. A fare da collante tra le diverse anime dell’Informale è il sorprendente dipinto di Emilio Vedova Ciclo 61/62 N.4 (1961-62), in cui materia e gesto convivono all’interno di un’originale composizione caratterizzata dalla presenza di colori accesi e inserti a collage.
Libera dalla figurazione
La seconda sezione è dedicata all’Astrazione geometrica nelle sue forme più varie, derivate dalla rielaborazione delle sperimentazioni astratte dei primi decenni del Novecento, e presenta fenomeni globali come il Minimalismo e l’Arte Optical, nell’ambito dei quali trova espressione la radicale volontà degli artisti di emanciparsi dal vincolo della figurazione. Sono presenti le opere di Victor Vasarely che, dopo le composizioni geometriche dei primi anni Cinquanta, si muove verso una riduzione sempre più rigorosa di forme e colori, fino a giungere all’essenzialità di moduli a doppia cromia in bianco e nero infinitamente combinabili e variabili. Poi ancora Sol LeWitt, Getulio Alviani, Remo Bianco, Paolo Scheggi, Enrico Castellani e Turi Simeti, fino a giungere alla sempre più pura essenzialità delle creazioni scultoree di Ettore Spalletti.
Libera dallo stile
La terza sezione accoglie una selezione di opere di autori italiani riconducibili al movimento dell’Arte Povera. Le creazioni di Giulio Paolini e Luciano Fabro ne esprimono qui la componente più concettuale; quelle di Giuseppe Penone e Pier Paolo Calzolari manifestano invece una maggiore attenzione per la sperimentazione sui materiali poveri e sulla loro interazione. Un discorso a parte merita, infine, il prezioso Delfino (1966) di Pino Pascali, opera di grande impatto scenografico recentemente acquisita dalla GAMeC, uno dei rari esemplari con testa e coda che emergono e si spezzano sulla parete.
Libera dalla rappresentazione
Se con l’Informale e l’Astrattismo l’arte si libera dalla figurazione e dalla forma, rimanendo comunque rappresentativa di qualcosa (un sentimento, una visione del mondo, un canone, un’idea…), in alcune correnti degli anni Sessanta e Settanta – come il New Dada, il Nouveau Réalisme e in parte la Pop Art – ad assumere valore artistico è l’oggetto in sé, rappresentativo esclusivamente della propria realtà intrinseca o del proprio status. All’interno di questa sezione troviamo, tra gli altri, due accumulazioni di Arman, una compressione di César e un impacchettamento di Christo, tra i primissimi della sua produzione (1963), mentre sul fronte Pop la serigrafia di Andy Warhol raffigurante Giorgio Armani (1981) trasforma l’immagine stessa in un mero oggetto di consumo.
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Vademecum
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
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