TORINO – Un ex edificio industriale trasformato in officina di immaginari contemporanei. Si tratta della Fondazione Merz che il 29 aprile 2025 ha compiuto vent’anni: due decenni di attività che hanno consolidato il ruolo di questa istituzione torinese come uno dei centri più autorevoli della scena artistica nazionale e internazionale. In questo arco temporale la Merz si è affermata come spazio indipendente, capace di articolare il proprio programma tra memoria, ricerca e sperimentazione.
Un programma lungo un anno
Per segnare il traguardo del ventennale, la Fondazione ha strutturato un articolato calendario di eventi che accompagnerà il pubblico fino alla fine del 2025. Ogni iniziativa si innesta nel disegno più ampio di un anno celebrativo che si muove tra l’eredità storica e l’apertura a nuove traiettorie.

Tra i momenti salienti: la mostra dei finalisti del Mario Merz Prize – con opening l’11 giugno 2025 e ingresso gratuito – che vedrà protagonisti artisti come Elena Bellantoni, Mohamed Bourouissa, Anna Franceschini, Voluspa Jarpa e Agnes Questionmark. Si affiancano il public program della mostra in corso di Yto Barrada, DEADHEAD (visitabile fino al 18 maggio), il concerto dei finalisti della sezione musicale del Premio – previsto per il 29 giugno presso la Cantina Ulmo di Sambuca di Sicilia, in collaborazione con Planeta – e l’attesa PUSH THE LIMITS 2, mostra collettiva che aprirà il 27 ottobre.
A questi si aggiungono progetti come TUTTOLIBERO, che espande la riflessione artistica al garage pubblico adiacente alla sede, sottolineando la tensione costante della Fondazione verso gli spazi liminali, i margini, le soglie urbane e sociali.

Un laboratorio permanente di forme e pensiero
Nata nel 2005 per volontà di Beatrice Merz, la Fondazione ha mantenuto negli anni un’identità chiara: luogo di produzione più che di semplice esposizione, piattaforma di dialogo tra linguaggi, sensibilità e discipline. La cifra di questa coerenza si legge nei numeri: 106 mostre, 271 artisti da 54 nazionalità, 405 eventi tra talk, concerti, reading, performance e proiezioni, 311 musicisti e performer, 159 curatori e autori coinvolti. Non si tratta solo di una statistica quantitativa, ma della traccia tangibile di un pensiero che si è concretizzato in materia, relazioni e percorsi.
La lista di nomi ospitati – da Christian Boltanski a Kara Walker, da Sol LeWitt a MASBEDO, da Wael Shawky a Marisa e Mario Merz – rivela la capacità della Fondazione di affiancare grandi protagonisti internazionali ad artisti emergenti, con attenzione costante alla qualità della ricerca.

Vocazione educativa e politica
Elemento centrale della progettualità è il Dipartimento Educazione, che ha coinvolto 81.270 partecipanti in vent’anni. Un lavoro che non si è limitato alla mediazione culturale, ma che ha contribuito a costruire un pubblico critico e consapevole, partecipe dei processi artistici e non semplice spettatore.
Alla base dell’agire della Fondazione vi è una riflessione profonda sulla funzione dell’arte nella società contemporanea. Il Mario Merz Prize, che ogni due anni premia figure emergenti dell’arte e della musica, è solo uno dei tasselli di un impegno che ha trovato negli anni articolazioni inedite, dalle collaborazioni con Palermo fino agli interventi nei luoghi di confine, geografici e simbolici.

Materia, esperienza, relazione
“Abbiamo costruito una geografia sentimentale – ha dichiarato Beatrice Merz – fatta di presenze e visioni, di esperienze condivise e trasformazioni.” Ed è forse proprio in questa idea di geografia, fatta non di confini ma di connessioni, che si può leggere la forza del progetto: un’istituzione capace di rimanere fedele alla propria identità, senza mai cristallizzarsi.
Nel tempo, lo spazio della Fondazione è stato attraversato da materiali, suoni, parole, simboli: 110 tonnellate di vetro, 700 kg di riso, 130 m³ di sabbia, 13 ulivi, 77 pubblicazioni, 14 premi. Ogni elemento ha contribuito a scrivere un racconto corale, dove l’arte non è decorazione ma dispositivo di senso, occasione di incontro e possibilità di trasformazione.