ROMA – “Giacomo Balla. Dal primo Autoritratto alle Ultime rose” è l’occasione per ripercorrere l’intera carriera dell’artista attraverso una straordinaria galleria composta da studi preparatori – talvolta inediti – punteggiata da alcune importanti opere definitive ed emblematiche.
Le opere e i materiali in mostra, provenienti perlopiù da Casa Balla, conducono dunque il visitatore nel cuore del percorso creativo del grande artista. “Come entrare nello studio dell’artista e aprire decine di cassetti – spiega Fabio Benzi, curatore della mostra – scoprendo la genesi di capolavori e opere di studio, penetrando nei segreti nascosti dei dipinti a volte più celebri, a volte più privati, ma sempre partecipando di un furor creativo indiscutibile e prepotente, che ci mostra fasi finali e iniziali di un percorso unitario, di un rovello instancabile”.
L’esposizione è una sorta di romanzo per immagini, costituito da circa 80 opere, che nello spazio di poche sale racconta un cinquant’anni di creatività in costante evoluzione, a partire dal primo autoritratto, un piccolo olio di eccezionale importanza storica, che si segnala per la trovata di utilizzare come supporto il retro di un ritratto fotografico dell’artista bambino, con il risultato di un inaspettato gioco di specchi tra i due versi del dipinto.
Si prosegue con il Balla divisionista, parentesi ben sintetizzata da un gruppo di studi preparatori per le tele del Ciclo dei Viventi, opere di vertice della fase pre-futurista realizzate tra il 1902 e il 1905.
Segue il periodo futurista con il capolavoro S’è rotto l’incanto, un grande olio su tela esposto per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1926, ma verosimilmente realizzato tra il 1920 e il 1921, anni in cui Balla può oramai fregiarsi del titolo di indiscusso caposcuola della compagine futurista.
L’evoluzione artistica di Balla viene sottolineata poi da alcuni schizzi di immenso valore, come quelli delle prime Velocità astratte (1913), “Basi fondamentali” scrive Balla “delle mie forme di pensiero” , o come il brillante studio preparatorio di Canto patriottico in piazza di Siena (1915), in cui i tre parallelepipidi – uno bianco, uno rosso e uno verde – posti al centro della scena rappresentano i canti patriottici che si innalzano verso il cielo.
Col procedere del tempo, il codice futurista di Balla si arricchisce di nuovi segni: linee-forza, linee spaziali, linee andamentali, forme-rumore, linee di velocità, forme plastiche, vortici sono vocaboli da organizzare in composizioni sempre più ambiziose: “Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme secondo i capricci della nostra ispirazione”.
In mostra sono inoltre tantissime le le testimonianze di quella indefessa attività volta a realizzare la sua idea di arte totale, un percorso entusiasmante che Balla compie più esaustivamente e velocemente degli altri.
L’ultimo capitolo della sua creatività consiste nel recupero della figurazione. Opere emblematiche di questa nuova ricerca sono Colorluce (1933) e Pianticella delicata (1937), magistrali ritratti delle figlie Luce ed Elica chiaramente ispirati alle foto delle dive del cinema pubblicate sui rotocalchi popolari. È proprio nel fenomeno del nascente divismo mediatico, quasi precursore di un’estetica pop, che Balla individua la direzione presa dalla modernità.
Vademecum
Dal 15 Aprile al 22 Maggio 2021
Galleria Russo
Via Alibert 20, Roma
Orari: lunedì dalle 16.30 alle 19.30; dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 19.30
ingresso gratuito
Info: +39 06 6789949
www.galleriarusso.com