FIRENZE – “Mummie. Viaggio verso l’immortalità” è la mostra ospitata al Archeologico Nazionale di Firenze, presentata il 16 luglio da Stefano Casciu, Direttore del Polo museale della Toscana, Maria Cristina Guidotti, Curatrice della Sezione “Museo Egizio” del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, e Eugenio Martera, CEO e Direttore Generale di Contemporanea progetti s.r.l., che ha curato l’allestimento.
Il progetto dell’esposizione nasce nel 2000, da un’idea di Maria Cristina Guidotti, che ne è anche la curatrice scientifica, in occasione di uno studio sulle mummie della sezione “Museo Egizio”, eseguito dall’Università di Pisa.
La mostra – come spiegato da Guidotti – intende raccontare ai visitatori “la verità sulle mummie, al di là della finzione del cinema e della letteratura, spiegando come venivano imbalsamati i corpi, quale fosse il corredo funebre e il perché gli egizi facessero questo, le loro credenze sulla vita dopo la morte”.
Per gli antichi egiziani, infatti, la morte non determinava la fine della vita, ma costituiva un momento di passaggio a un’altra forma di esistenza, che continuava nell’aldilà. L’anima però per continuare a vivere aveva bisogno di tutta una serie di accorgimenti e di oggetti che dovevano magicamente consentirle la sopravvivenza oltre la morte e, soprattutto, doveva reincarnarsi nel proprio corpo che, per questo motivo, era conservato al meglio tramite pratiche di imbalsamazione del cadavere che diventava così una mummia.
L’esposizione è organizzata in due parti: la prima dedicata al concetto di sopravvivenza dell’anima e alla “mummificazione” del corpo del defunto, la seconda parte dedicata agli oggetti che accompagnavano il morto nella tomba.
Le opere in mostra, selezionate e organizzate per illustrare sotto vari aspetti il rapporto degli antichi Egizi con l’aldilà, annoverano dei pezzi di grande importanza. Tra di essi il sarcofago di Padimut, caratterizzato da una ricchissima decorazione che contraddistingue i sarcofagi della XXI e XXII dinastia (1069 – 656 a.C.), mai esposto e mai studiato prima della mostra, la statua del sacerdote Henat, uno dei pochi esempi di statua di un dignitario che indossa una veste persiana, testimonianza del periodo in cui l’Egitto fu assoggettato al potente impero persiano (525 – 404 a.C.), e ancora la testa mummificata recentemente sottoposta a indagini radiografiche e TAC che hanno consentito la ricostruzione del volto del defunto /656 – 332 a.C.), e la cassetta per ushabti (piccole statue del corredo funebre) di Nekhtamontu (1550 – 1070 a.C.)
La collezione del “Museo Egizio” di Firenze, seconda in Italia dopo quella del Museo Egizio di Torino, si è formata soprattutto nel corso del XIX secolo, in seguito alla famosa spedizione franco-toscana di Ippolito Rosellini e di Jean François Champollion.
La mostra arriva in Italia dopo aver già viaggiato a lungo in Europa, toccando la Germania, l’Austria e la Finlandia, e poi, dal 2018, la Cina, nelle città di Guiyang, Hefei, Ningbo, Xian e Jinan.
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Vademecum
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