ROMA – Philippe Casanova è nato a Parigi, ma per passione vive a Roma. Nella Chiesa Nuova della Capitale, il 26 maggio 2015, è stata svelata l’ultima sua opera, alla presenza del vescovo ausiliare di Roma per il Centro storico, Monsignor Matteo Zuppo, e di Alicia e Audrey Adamczak della facoltà Cattolica di Parigi dell’Ecole du Louvre. Il quadro che Casanova ha realizzato in occasione del V centenario della nascita di San Filippo Neri è un monumentale dipinto dedicato al santo. Lo stile della grande tela è in linea con l’intera opera dell’artista, che dal 1984 si ispira al Barocco delle abbazie mitteleuropee e italiane. ArteMagazine ha incontrato Casanova per sapere di più sul nuovo dipinto e sulla sua opera.
Il quadro esposto nella Chiesa Nuova di Roma è dedicato a San Filippo Neri. Oltre al V centenario della sua nascita c‘è qualche altro motivo che la avvicina al santo?
«Sulla strada del Barocco un giorno ho incontrato la figura di San Filippo Neri. Mi è sembrato estremamente rappresentativo della simbiosi che talvolta, durante la stagione barocca, sembrava esistesse tra gli uomini di chiesa e gli artisti. Non ho smesso di essere attratto, affascinato dalla personalità singolare e dall’estro di San Filippo».
Che cosa raffigura la scena?
«Nella metà superiore della composizione un gruppo di angeli porta un medaglione raffigurante San Filippo che, in estasi, sale nell’etere verso la fonte principale di luce. La luce dipinta è coerente con la luce naturale procurata dalla vetrata del Corridoio; d’altra parte questa zona del quadro è visibile anche dall’atrio contiguo, attraverso un’altra vetrata. La metà inferiore si ispira alla cappella della Visitazione, che prende il nome dal quadro di Federico Barocci, particolarmente amato da San Filippo, al punto che si dice che fu numerose volte ritrovato in estasi proprio davanti a quel dipinto. Questa parte del quadro si scopre entrando nel corridoio stesso. Una maniera quindi di ricordare quel legame speciale tra San Filippo e tanti artisti del suo tempo. Si dice che perfino Michelangelo fu conquistato: sarebbe stato visto mentre inseguiva San Filippo a cavallo sul Cammino delle Sette Chiese».
Com’è nata l’idea della composizione?
«Stavo pensando al percorso che, di sera, si deve fare per andare a un concerto o a una conferenza nell’Oratorio: c’è l’atrio, poi il corridoio; così camminando lì, guardandomi intorno, ho pensato di sfruttare quella vetrata per creare un’opera con due sequenze, due tempi di visione, come due sono gli elementi che costituiscono quello spazio».
Ha realizzato l’opera su commissione dell’Oratorio?
«Un po’ sì e un po’ no: 11 anni fa il Preposto dell’Oratorio mi commissionò un quadro da posizionare nel corridoio, e io lo realizzai. Ma qualche tempo gli oratoriani lo avevano spostato, e la nuova collocazione mi ha fatto venire l’idea per un’altra opera da esporre nel corridoio, questa. Ho rimandato tante volte, fino a quando ho appreso la notizia del V centenario del Santo. Così ho chiesto al Preposto di poter realizzare un’altra opera, più grande della precedente. Spero che la nuova opera sia più bella di quella di 11 anni fa».
Quali sono state le altre sue opere di “arte sacra”?
«Nel 1994 avevo già dipinto per gli Oratoriani 16 quadri raffiguranti i luoghi nel Centro Storico dove San Filippo ha lasciato il segno particolarmente. Poi sono stato invitato dagli Oratoriani di Londra (Brompton Oratory) a realizzare da loro lo stesso tipo di opera. Nel 2008 la Fabbrica di San Pietro in Vaticano mi ha invitato a esporre 32 quadri ispirati alla Basilica Petrina in occasione dei 500 anni della sua ricostruzione (inseriti nella mostra Magnificenze Vaticane. Nel 2012/2013 la moglie del collezionista François Pinault mi ha commissionato un quadro monumentale per il Santuario Mariano di Notre Dame du Laus (nelle Alpi, inaugurato il primo maggio 2013)».
Quali sono i tesori dell’Oratorio?
«La collezione dell’Oratorio raccoglie numerose opere che vanno dal tardo Manierismo al Barocco: Barocci, Rubens, Cortona, Baciccio, Guido Reni… Di arte contemporanea, tra le altre, c’è un’ opera monumentale di Riccardo Tommasi Ferroni, donata dall’artista nel 1995, in occasione del IV centenario della morte di San Filippo; e poi non un’opera d’arte, ma qualcosa di “inaudito”: Cy Tombly, il maestro dell’astrattismo americano, amava talmente l’Oratorio che ha voluto essere sepolto proprio qui. Entrando nella Chiesa Nuova, subito a destra, su un pilastro c’è una targa tutta in latino che ricorda questo sodalizio assai inatteso».
Dov’è esposta l’opera?
«La mia opera è e rimarrà nel corridoio di Borromini, il maestoso corridoio al quale che dà accesso alla sagrestia, all’archivio, al finto chiostro-giardino degli aranci, alla sala ovale, all’atrio che dicevo prima, e ad altri ambienti».
Ci racconti un po’ di lei… Chi è Philippe Casanova?
«Philippe Casanova è un “appassionato cultore della forma barocca”, ha detto di me Claudio Strinati. Mi piace prendere ispirazione dall’universo barocco, liberamente, senza copiarlo, cercando di sfruttarne il dinamismo, la potenza espressiva. Sono nato a Parigi, ho studiato all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts e dopo essermi diplomato mi sono trasferito a Roma, che credo sia l’epicentro del “terremoto barocco”».
Come nasce la sua passione per il Barocco?
«Mi sento troppo legato al visibile, al sensibile, alla “rappresentazione di corpo e di anima” – come si diceva – per essere in grado di rinunciare alla figurazione. Il Barocco ripropone l’idea del Bello, umanista e classico, aumentato, “perturbato” da un espressionismo cristiano».
A quale progetto sta lavorando oggi?
«Sto preparando un viaggio in Transylvania per studiarne castelli, chiese e monasteri barocchi. Ho anche in preparazione nuovi interventi monumentali all’interno di altre chiese romane».