Il 29 marzo 2015 si è conclusa la seconda edizione di #MuseumWeek, l’evento social lanciato su Twitter lo scorso anno da alcune istituzioni culturali francesi (http://museumweek2015.org/). Per una settimana, migliaia di utenti in tutto il mondo, privati cittadini ed esponenti pubblici della cultura, hanno interagito con le istituzioni museali attraverso il vincolo dei 140 caratteri, discutendo quotidianamente sul tema del giorno, legato sempre alla fruizione, conservazione, al ruolo delle opere d’arte. Sette giorni, sette temi (e relativi hashtag): #secretsMW, #souvenirsMW, #architectureMW, #inspirationMW, #familyMW, #favMW, #poseMW. Potremmo sintetizzare le regole del gioco con un’unica frase: Io-qui-adesso, come nell’opera (del 1997) di Ugo Carrega, esponente della Poesia Visiva scomparso da pochi mesi, ricordato in questi giorni dall’account twitter del museo MADRE di Napoli. Un io che in chiave social diventa noi.
Introduciamo il nostro “Rapporto #MW” con il fotogramma tratto da un video mandato via Twitter (courtesy museo MADRE di Napoli):
La rivoluzione siamo noi è un’opera di Joseph Beuys del 1971: quattro serigrafie su pellicola di grandi dimensioni (quasi 2 metri di altezza per 1 di larghezza), conservate al museo MADRE di Napoli, ritraggono l’artista/“sciamano” tedesco avanzare verso lo spettatore con passo volitivo e sguardo che punta l’obiettivo. L’abbiamo scelta ad illustrazione di questo articolo per due motivi. Il primo: perché il museo MADRE l’ha condivisa su Twitter nel giorno dedicato alla #poseMW, ovvero agli scatti, amatoriali e non, che avessero come protagonisti gli utenti accanto alle opere visitate nei musei. Il secondo: perché nominare Beuys vuol dire anche chiamare in causa Fluxus e i primi eventi di fruizione sociale dell’arte. Non è dunque una casualità, soprattutto quando si parla, come tentiamo di fare in questa rubrica, di arte partecipativa, di performance, di contatto, scambio, comunicazione fluida tra sorgente/fruitore. Nel video quattro bambini “continuano” l’opera dell’artista marciando dritti verso di noi. E non è cosa da poco.
Nati sotto Mercurio ha partecipato con il suo account (@Mercuriomaga) alla #MuseumWeek 2015, che quest’anno, rispetto al precedente, ha visto aumentare considerevolmente il bacino d’utenza, oltrepassando i confini europei ed estendendosi a livello mondiale. La partecipazione degli stessi musei italiani è stata più corposa.
Comunque noi c’eravamo, e lo diciamo con un certo orgoglio perché siamo stati testimoni diretti di un movimento in rete davvero positivo. Anche la storica dell’arte Nicoletta Cardano (@niccardano) responsabile delle attività didattiche della Sovrintendenza capitolina, (@MuseiinComune), da noi incontrata pochi giorni fa durante una conferenza alla Sapienza di Roma, ci confermava la sensazione che quest’anno uno dei punti di forza della #MW sia stato proprio la maggiore comunicazione, il maggior scambio tra i musei stessi. Fare rete, infatti, è una frase che più volte si è trasformata in un “twappello”, una parola di passo tra le Istituzioni. Ci auguriamo che qualcosa rimanga di tanti buoni (e sul momento sinceri) propositi.
Come detto in apertura dell’articolo, ogni giorno gli utenti hanno condiviso un tema diverso: i dietro le quinte, i ricordi (personali o collettivi), le mura stesse che conservano e ospitano, i motivi d’ispirazione, la partecipazione dei bambini, le “sindromi di Stendhal” in versione ridotta (vogliamo sperare!), fino alla domenica, giorno di riposo, in cui tutti sono stati chiamati a ritrarsi con un’opera, concludendo la settimana con una giusta dose di innocente narcisismo.
Grandi e piccoli musei, realtà provinciali e nazionali, si sono confrontati, si sono anche in un certo senso “donati”, mettendo a disposizione le proprie conoscenze, rispondendo agli utenti privati. Per nostra inclinazione il rapporto con le istituzioni straniere è stato avviato con la Grecia, in particolare con il Museo Benaki di Atene (@TheBenakiMuseum). La piattaforma asimmetrica di Twitter permette anche questo: non essendo vincolata come Facebook dal rapporto di “amicizia”, ci si può seguire anche in forma “amicale”, indipendentemente dal follow!
Gli esiti sono inaspettati. Ad esempio, giovedì 26 marzo 2015, giorno della #inspirationMW, da un tweet mattiniero inviato da noi con un’immagine dell’Auditorium di Reykjavík (la cui architettura è ispirata alla tastiera di un pianoforte), si è creato un movimento “a ritmo di musica” con suggerimenti e suggestioni che arrivavano da musei come il MADRE di Napoli (@Madre_Napoli), la Fondazione Querini Stampalia di Venezia (@QueriniVenezia), la GAMeC di Bergamo (@GameCBergamo), la GAM di Torino (@gamtorino), Palazzo Barberini (@MuseoBarberini), ed anche gruppi più piccoli ma non meno vivaci come Radio ‘Ca Foscari (@radiocafoscari), web radio dell’Università di Venezia e Un Ospite di Venezia (@aGuestinVenice), interessante portale di informazione turistica della Serenissima. E tanti ancora ne potrei citare. Per non lasciare che il flusso di Twitter lasci scorrere tutto nella sua Timeline, abbiamo raccolto questa piccola esperienza in un tweetbook #Accordiamoci (http://beta.trytweetbook.com/book/104676), il nostro piccolo souvenir di questa #MuseumWeek.
Chi non è un “avventore abituale” di questa comunità potrebbe obiettare che si tratti solo di uno scambio virtuale che si esaurisce nei 140 caratteri di un tweet. L’esperienza di questi giorni ha dimostrato come, invece, l’accessibilità di contenuti (virtuali) sia stata un incentivo a visitare fisicamente i luoghi. La partecipazione sul web si è convertita spesso in partecipazione reale; aggiungere la componente ludica e la possibilità di intervenire con un contributo personale facilita l’avvicinamento del singolo alla cultura, e l’atteggiamento meno “formale” delle Istituzioni conferisce a queste ultime un rinnovato appeal da esercitare sul pubblico.
Che questo modo di intendere il rapporto museo/fruitore sia ormai una tendenza in continua espansione lo dimostrano le cifre: oltre 180.000 tweet e quasi 425.000 retweet, come segnalato dal sito ufficiale della #MuseumWeek (http://museumweek2015.org/). Gli stessi musei hanno aumentato non solo il numero di followers ma anche di visitatori. L’Italia è stata molto più presente anche numericamente rispetto allo scorso anno, segno che qualcosa va modificandosi.
Ma cosa succede nel day after? Su Twitter è uno scambio di frasi di commiato, come fra persone conosciutesi durante un viaggio e che si separano al rientro, ognuna per tornare al suo luogo d’origine: è stato bello, continuiamo a sentirci, facciamo rete mi raccomando!, promettendosi di non perdersi di vista. C’è da credere che sarà così, perché ognuno, nel proprio piccolo, ha dato il suo contributo affinché lo spazio dell’arte e della sua diffusione non sia già più lo stesso e, seppur in minima parte, si sia modificato.
La rivoluzione siamo noi?
Michela Santoro
(@Mercuriomaga)