FIRENZE – Sono tornati a splendere parte dei mosaici trecenteschi del Battistero di San Giovanni di Firenze, restaurati sotto la direzione dell’Opera di Santa Maria del Fiore, l’alta sorveglianza della Soprintendenza per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, la collaborazione per le indagini diagnostiche con Università italiane e laboratori specialistici. I lavori sono stati affidati ai restauratori dell’Impresa Cellini e Claudia Tedeschi.
L’intervento, che ha interessato quattro degli otto lati interni del monumento, è stato lungo e complesso. Dagli studi e dalle indagini diagnostiche sono inoltre emerse numerose ed interessanti scoperte. Dalla tecnica musiva assolutamente originale impiegata nei mosaici parietali, un vero e proprio unicum; alla presenza di una cera pigmentata sul verde di Prato, utilizzata per coprire il bianco del calcare formatosi a causa delle infiltrazioni di acqua dalla copertura, rimossa per riportare alla luce il colore naturale della pietra; alle tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, che potrebbe essere la prova che in origine fossero tutti dorati, che uniti al fondo oro dei mosaici della Cupola e parietali, illuminati dalle luci delle candele, dovevano lasciare senza fiato, chiunque entrasse in Battistero.
Lunedì 25 gennaio saranno smontati i ponteggi dai lati restaurati per essere rimontati sugli altri da restaurare.
Il restauro è stato anche l’occasione per un intervento di pulitura sul monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, addossato a una dei lati del Battistero, liberato dalle polveri superficiali che ne coprivano la doratura.
Come spiega una nota: “Fra primo e il secondo decennio del Trecento, terminata la colossale impresa dei mosaici della Cupola del Battistero, si volle estenderli anche alle zone parietali dove in origine non erano previsti. Si trattava dunque di trovare una soluzione che permettesse di sovrapporre i mosaici al rivestimento marmoreo e ovviare ai problemi di staticità del monumento, già allora conosciuti. Furono impiegate delle tavelle in terracotta su misura, scalfite e fissate al marmo delle pareti del Battistero con perni centrali di ferro ribattuti e saldati a piombo”.
“Sulle tavelle fu poi realizzata una sommaria sinopia e in seguito il mosaico col metodo diretto e a giornate, individuabili e leggibili ancora oggi – sottolinea Beatrice Agostini, progettista e direttore dei lavori di restauro dell’Opera di Santa Maria del Fiore – Anche l’impasto utilizzato per applicare le tessere del mosaico è un’assoluta particolarità, non fu impiegata una normale malta ma più un mastice, e proprio il degrado di questo composto ha rappresentato le problematiche più complesse affrontate da questo restauro”.
“Abbiamo avviato un grande cantiere di restauro dei paramenti interni – afferma Samuele Caciagli, reponsabile dell’Area Tecnica dell’Opera di Santa Maria del Fiore – costituiti da oltre 1100 mq di superfici marmoree, 200 mq di decorazioni a mosaico, oltre 100 mq di dorature trattate in relazione ai diversi gradi di complessità anche mediante l’applicazione di metodologie di restauro specificatamente studiate”.
“Le esperienze maturate con i precedenti restauri – evidenzia Anna Maria Giusti, consulente storico artistico per il restauro, già direttrice all’Opificio delle Pietre Dure – eseguiti nei decenni passati sui mosaici dei matronei e su una parte dei lati del Battistero, ancora non interessati dall’attuale intervento, hanno rappresentato un significativo metro di confronto ed evidenziato un degrado decisamente minore rispetto a quello delle superfici oggi restaurate”.