FIRENZE – Una tavola raffigurante il Cristo risorto, uno dei pochi dipinti noti del pittore manierista Niccolò Betti (1550 circa – 1618 circa), allievo di Giorgio Vasari e di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, entra nelle collezioni degli Uffizi.
L’opera è stata donata al museo fiorentino dall’antiquario e collezionista Fabrizio Moretti, segretario generale della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze.
“Credo che sia doveroso da parte di noi mercanti d’arte, che tanto abbiamo avuto dell’arte, restituire alla comunità. – Ha sottolineato Moretti – Poter collocare un’opera nel più importante Museo del mondo, gli Uffizi, è una grande soddisfazione intellettuale. Questa donazione sarà in ricordo del mio amato padre Alfredo, a cui devo tutto”.
“L’attività degli antiquari – ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – è storicamente uno dei pilastri su cui si fonda la ricerca storico artistica e in molti casi anche la salvaguardia del nostro patrimonio, spesso da loro riportato in patria. Questa donazione di Fabrizio Moretti in ricordo del padre, che si aggiunge ad altri gesti generosi da parte della categoria nei confronti dei musei, è un gesto importante per gli Uffizi e aggiunge un tassello mancante nelle nostre collezioni”.
Il dipinto
La tavola rappresenta la figura divina riprendendo l’iconografia bizantina del Cristo nella mandorla. Il Cristo tiene in mano una bandiera con la croce a sottolineare il suo ruolo di pastore e di portatore del verbo divino.
Betti si ispira agli schemi figurativi e compositivi del suo maestro Vasari, riadattandoli tuttavia in una soluzione più asciutta e meno solenne.
Il panneggio è arricciato e aderente al corpo, i soldati sono appoggiati diagonalmente al sepolcro per dare l’idea di profondità, scompare la nuvola su cui poggia Cristo, diminuisce il numero delle figure.
La tavolozza dell’artista è più chiara rispetto al passato, con colori accesi e con un chiaroscuro più deciso e meno sfumato.
Niccolò Betti e le opere documentate
Niccolò Betti prese parte , tra 1570 e il 1572, al cantiere della decorazione dello studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio, unico episodio ben documentato della carriera dell’artista, dipingendo il riquadro con il Saccheggio di un villaggio.
Dal 1576 al 1578 lavorò a Pisa nel restauro, e decorazione del Duomo.
A Montepulciano gli sono attribuite le pale d’altare raffiguranti l‘Adorazione dei pastori (1581) nella chiesa di Sant’ Agnese, e la Madonna tra i santi Giovanni Battista e Girolamo in Santa Maria delle Grazie, firmata.
Nella sua attività tarda il Betti mostra di aderire a formule più solenni e semplificate, in linea con i dettami della Controriforma.
A questa fase appartengono due dipinti (Santa Coletta di Corbie e Miracolo di San Diego di Alcalà) commissionatigli dalla Granduchessa Maria Maddalena d’Austria nel 1610 per il convento delle Descalzas Reales a Valladolid, dove sono ancora oggi conservati.