MATERA – Per Rigoni di Asiago l’attenzione e la responsabilità verso la valorizzazione del patrimonio artistico del nostro Paese non sono una novità. L’azienda ha infatti realizzato il primo importante intervento nel 2015, finanziando il restauro dell’Atrio dei Gesuiti del Palazzo di Brera seguito da quello della statua di San Teodoro di Palazzo Ducale, a Venezia e, poi, dal recupero della fontana “Venezia sposa il mare”, nel cortile di Palazzo Venezia a Roma.
A febbraio 2019, l’imprenditore Andrea Rigoni aveva fatto una promessa: quella di riconsegnare alla città di Matera, entro il mese di settembre, la Chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone in tutta la sua bellezza. E così è stato.
I lavori di restauro sono stati presentati con una cerimonia a cui, tra gli altri, hanno preso parte il presidente e ad di Rigoni di Asiago, Andrea Rigoni, e il presidente di Fondaco Italia, Enrico Bressan.
“Ritengo che fare impresa oggi – dichiara Andrea Rigoni – significhi avere una visione più ampia rispetto a quella che limita l’attività dell’imprenditore al puro e semplice sviluppo della sua azienda. Ci sono ambiti, quali, ad esempio, l’arte e la cultura che un’industria illuminata deve fare propri”.
“Ringrazio la città per la calda accoglienza che ha riservato a me e ai miei collaboratori – continua Rigoni. Ci tengo a citare l’Arcidiocesi di Matera-Irsina e la Cooperativa Sociale Oltre l’Arte, che mi hanno supportato con energia e mi hanno regalato profonde emozioni. Un grazie anche a tutti i professionisti, in primis a Fondaco, che hanno condiviso con me questo progetto e mi hanno coinvolto, tenendomi aggiornato via webcam. Tanti momenti magici che abbiamo vissuto come un sogno, giorno dopo giorno, con passione”.
La Chiesa di San Giovanni in Monterrone
La chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone, ad eccezione della facciata, è totalmente ricavata nel masso roccioso. Dedicata a San Giovanni Battista, la chiesa si presenta ad unica navata e alterata, rispetto all’aspetto originario, dalla realizzazione di ambienti laterali ricavati soprattutto a scopo funerario come evidenziato, tra l’altro, nel corso degli scavi archeologici condotti alla fine degli anni ’90 del secolo scorso.
Dei diversi impianti decorativi succedutisi sopravvivono soltanto poche tracce. Entrando nell’aula dall’antica porta di accesso, sulla sinistra, si ammira l’affresco cinquecentesco, palinsesto, dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista. Il Battista, come di consueto, indica l’Agnus Dei rappresentato poco più in basso; l’Evangelista regge con la mano sinistra il suo tipico attributo iconografico: un calice con un serpente.
Di fronte, lungo il fianco destro, sono evidenti alcuni santi non identificabili per la mancanza di elementi iconografici e un altro palinsesto. All’antica immagine di Sant’Andrea, di cui è visibile il solo volto, severo e affilato, con capelli lisci e divisi, è sovrapposta una Madonna con il Bambino (probabilmente una Glikophilousa) riconoscibile dalle mani e dal Bambino col nimbo crucigero.
Accanto, in sequenza, sono affrescate le immagini di un giovane santo e di San Girolamo, rappresentato in abiti vescovili.
La piccola cappella, scavata sempre a scopo funerario sul fianco destro dell’aula, presenta una pregevole decorazione a fresco: da un lato, in direzione della porta, sono evidenti San Pietro, il ‘principe degli apostoli’ e San Giacomo maggiore (primo ventennio del XIV secolo); di fronte l’Annunciazione.
Proseguendo, sempre sul fianco destro, si notano gli affreschi cinquecenteschi del Battesimo di Cristo nel fiume Giordano e parte di un pannello con la scena della Conversione di Sant’Eustachio, patrono della città di Matera.
Profanata nel corso del XVIII secolo, il 20 marzo 1803 la chiesa fu concessa in enfiteusi perpetua, dall’Economo e Procuratore del Seminario, alla confraternita di Santa Maria dell’Idris che provvide a realizzare una nuova facciata, come dimostra la data incisa sull’architrave, un nuovo altare, di cui purtroppo restano pochi elementi lapidei, e il corridoio di collegamento con l’adiacente chiesa di Santa Maria.
Pur essendo stata quasi del tutto abbandonata a seguito dello sfollamento dei rioni Sassi, la chiesa è stata sempre oggetto di attenzione da parte di storici e studiosi. Nel 1973 lo storico dell’arte Alberto Rizzi, sollecitò l’intervento delle autorità pubbliche ed ecclesiastiche. Il primo intervento fu quello dell’Ente Provinciale per il Turismo nel 1974. In questa circostanza si procedette, per San Giovanni, ad una pulizia generale del sito, alla demolizione di un ossario, al rifacimento delle murature abbattute dai vandali, alla sistemazione della porta d’ingresso e alla realizzazione di un impianto di illuminazione.
Ulteriori lavori di restauro furono finanziati ed eseguiti in previsione del Grande Giubileo del 2000. Oggi, infine grazie agli ultimi lavori di restauro, gli affreschi di San Giovanni sono tornati a splendere.