TORINO – Marisa Merz si è spenta a 93 anni a Torino, dove era nata nel 1926. Nel 1950 l’incontro con Mario Merz (1925-2003), caposcuola della corrente dell’Arte Povera, che da li a poco avrebbe sposato e con cui avrebbe condiviso, non solo la vita, ma anche l’attività artistica.
Il suo esordio risale al 1966 con l’esposizione nel suo studio di Torino di sculture di lamine di alluminio, a cui seguono altre installazioni e lavori che preparano il suo ingresso nel movimento dell’Arte Povera.
E’ del 1967 la partecipazione alla mostra al Deposito d’Arte Presente e alla rassegna “Arte Povera + Azioni Povere” agli Arsenali dell’Antica Repubblica di Amalfi, dove espone sulla spiaggia coperte arrotolate e imballate con filo di rame o scotch (“Senza Titolo”, 1966) e opere legate all’infanzia della figlia Beatrice fatte di filo di nylon, rame o lana.
L’utilizzo di questo materiale e del lavoro a maglia, che rimanda a una attività culturalmente assegnata alle donne, diventa la sua cifra stilistica e acquista una valenza decisiva anche nelle installazioni successive.
Negli anni settanta sperimenta materiali malleabili come la paraffina e la cera associati ad oggetti trovati secondo una disposizione che sembra casuale o variabile secondo i luoghi d’esposizione.
Dal 1979 faranno parte del propio lavoro anche brani poetici da lei stessa composti. Nel 1980 viene invitata ad esporre alla XXXIX Biennale di Venezia. Sono questi gli anni in cui per ragioni legate al suo percorso artistico, ma che si riveleranno provvisorie, decide di rinunciare alle esposizioni personali e partecipa soltanto alle grandi manifestazioni artistiche internazionali.
Nel 1992 espone a Documenta 9 di Kassel una piccola fontana di cera.Ci sono poi le esposizioni personali organizzate al Centre Pompidou nel 1994 e allo Stedelijk Museum nel 1996 che consolidano la sua fama internazionale. Le opere di questo periodo, presentate su solidi scaffali in legno o in metallo, creano un contrasto per la loro fragilità e la loro poesia discreta.
Dopo la morte del marito nel 2003 Marisa Merz continua ad elaborare una produzione artistica singolare ed emozionante. Nel 2013 riceve il Leone d’oro della 55ª Biennale di Venezia.
Nel 2017 il Metropolitan Museum di New York le ha dedicato la mostra retrospettiva “The Sky is a Great Space”.
“L’arte italiana perde una delle sue interpreti più rivoluzionarie. – Commenta il sottosegretario al Mibac, Lucia Borgonzoni – Coraggiosa, carismatica, indomita. Marisa Merz lo è stata come donna e come artista, sbaragliando stereotipi sociali e culturali ha segnato il suo tempo e l’arte di una modernità assoluta. A lei dobbiamo questa grande eredità culturale”.