FIRENZE – Sono terminati dopo circa due anni e mezzo i lavori di restauro del grande Crocifisso ligneo policromo dei Sangallo, risalente agli inizi del XVI secolo e di proprietà dell’Accademia delle Arti e del Disegno, fondata nel 1563 da Cosimo I de’ Medici e Giorgio Vasari nel nome di Michelangelo.
Il Crocifisso viene attribuito dagli studiosi ai fratelli Giuliano e Antonio il Vecchio da Sangallo, famosi architetti e scultori fiorentini, come probabile opera di collaborazione fra di loro, datandolo tra il 1480 e il 1500 circa. Anche Giorgio Vasari, in relazione all’opera, fa chiaro riferimento ad Antonio da Sangallo. Tuttavia alcune caratteristiche di stile possono invece far pensare anche al figlio di Giuliano, Francesco da Sangallo, cosa che postdaterebbe la realizzazione del Crocifisso di circa venti anni. In ogni caso, come dimostrano le caratteristiche anatomiche e di coloritura rinvenute dopo il restauro, si tratta di un’opera straordinaria della bottega dei Sangallo.
Gli interventi sull’opera sono stati realizzati con il contributo di 20mila euro della Fondazione non profit Friends of Florence, in quanto vincitore dell’omonimo concorso bandito per il Salone del Restauro di Firenze edizione 2014, il cui premio consiste nel finanziamento dell’intero intervento di restauro presentato. In quell’occasione il progetto, presentato dalla restauratrice Francesca Spagnoli, fu giudicato quello più rispondente ai criteri di urgenza d’intervento ed alla missione della Fondazione Friends of Florence.
Simonetta Brandolini d’Adda, Presidente della Fondazione, presentando il restauro dell’opera, ha sottolineato: “Il recupero di questo capolavoro per mano della restauratrice Francesca Spagnoli ha consentito all’opera di tornare alla sua originaria leggibilità e di raccontare a tutti noi un pezzo della sua storia che senza il restauro sarebbe stato impossibile conoscere. È questa la missione di Friends of Florence: rendere accessibile a quante più persone possibili l’arte e la cultura di Firenze e della Toscana”.
Giorgio Bonsanti, Direttore del cantiere di restauro, già Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, professore ordinario di Restauro alle Università di Torino e Firenze e responsabile della conservazione del patrimonio artistico dell’Accademia delle Arti del Disegno, ha spiegato: “L’opera era in preda ad un devastante attacco di tarli, la cui neutralizzazione è stata la prima misura conservativa messa in atto. La fiducia nella possibilità di recuperare la policromia originale, assistita dalle indagini scientifiche” – ha detto ancora Bonsanti – “è stata ben ripagata, e il Crocifisso dopo la rimozione della patina scura mostra i colori applicati dall’autore (naturalmente con la presenza dell’invecchiamento naturale dovuto al passaggio del tempo), dotati di straordinarie raffinatezze esecutive in punta di pennello (i peli sul corpo, le lacrime sulle guance) perfettamente recuperate. La qualità finale è assolutamente superba”.
Il Crocifisso, infatti, intorno alla metà dell’Ottocento era stato totalmente ridipinto con una coloritura marrone scuro, a simulare il bronzo, allora considerato materiale più nobile del legno.
“La policromia originale – ha raccontato la restauratrice Francesca Spagnoli – non era visibile, in quanto interamente occultata da una ridipintura non pertinente, bruna e alterata. La prima problematica presentata dal Crocifisso, è stata la messa in sicurezza degli strati pittorici interessati da fenomeni di sollevamenti diffusi e di grave entità, tematiche che hanno condotto ad un approfondimento sulle condizioni ambientali verificatesi nel corso della sua storia conservativa, al fine di individuarne la genesi. La scansione 3D e la radiografia a raggi X condotte sul Cristo, hanno fornito preziose informazioni e permesso di individuare i vari elementi lignei dei quali è composta la scultura” – ha concluso la restauratrice.
“Sembra quasi impossibile” – ha affermato Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno – “che un’opera d’arte nota e spesso visibile, com’è questo Crocifisso ligneo dell’Accademia del Disegno, possa rivelarsi dopo il restauro un tale stupefacente capolavoro. L’uomo ideale del Rinascimento si manifesta ancora una volta nell’icona del Figlio dell’Uomo”.