MILANO – Moving in Space without Asking Permission è il titolo della prima personale in un’istituzione italiana di Andrea Bowers (Wilmington, Ohio – 1965), che sarà aperta al pubblico alla GAM, Galleria d’Arte Moderna, Milano, dal 15 settembre al 18 dicembre, 2022.
L’esposizione, a cura di Bruna Roccasalva, rientra nel progetto Furla Series, nato dalla collaborazione tra Fondazione Furla e GAM, una patnership iniziata nel 2021.
Una riflessione sul femminismo
La mostra offre un’esperienza immersiva all’interno del lavoro dell’artista e del suo impegno nella lotta per la parità di genere e l’emancipazione della donna. Andrea Bowers è, infatti, un’artista e attivista americana la cui ricerca combina pratica estetica e impegno politico da una prospettiva femminista.
Da circa trent’anni l’artista indaga questioni fondamentali come la parità di genere, i diritti della donna e dei lavoratori, l’immigrazione e l’ambientalismo, attraverso un approccio formale di forte impatto visivo e una sperimentazione linguistica che abbraccia un’ampia varietà di mezzi espressivi, dal disegno al video, dall’installazione al neon. La sua capacità di restituire argomenti complessi in un vocabolario accessibile e diretto è il perfetto esempio di come l’arte possa, attraverso il potere estetico dei suoi linguaggi, veicolare messaggi socialmente rilevanti.
Moving in Space without Asking Permission prende le mosse dal confronto dell’artista con alcune esperienze femministe italiane di oggi, in particolare con il lavoro della filosofa e attivista Alessandra Chiricosta che studia e insegna l’esercizio delle arti marziali come strumento di auto consapevolezza corporea e di rottura rispetto agli stereotipi di genere. Il progetto nasce anche in risposta alle specificità del contesto espositivo della GAM: un museo la cui collezione rimanda al periodo storico tra Ottocento e Novecento, quando il movimento di emancipazione femminile in Italia muoveva i primi passi.
Attraverso un percorso espositivo che combina lavori iconici e nuove produzioni che testimoniano, tra l’altro, la grande versatilità linguistica dell’artista, la mostra restituisce l’importanza di una ricerca in cui attivismo politico e pratica artistica sono inestricabilmente interconnessi.
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