ROMA – L’Annunciazione di Domínikos Theotokópoulos, grande artista cretese vissuto in Spagna negli ultimi 40 anni della sua vita, da cui il soprannome di El Greco con il quale è universalmente noto, è una delle vette più alte del suo stile finale, caratterizzato dalle forme sinuose e allungate e da una sorta di horror vacui che lo porta a riempire ogni spazio della composizione.
L’Annunciazione, che la Sovrintendenza Capitolina ha scelto di esporre a Roma, è una opera autografa dipinta a Toledo, ed è il modello definitivo che fu presentato ai committenti per la realizzazione di una maestosa pala d’altare (in spagnolo retablo), chiusa in una articolata cornice lignea. Si tratta del Retablo di Doña Maria de Aragon, fondatrice del collegio e committente, che fu realizzato dal pittore tra il 1596 e il 1600 per l’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid. Il Retablo venne smembrato all’inizio dell’Ottocento e cinque dei grandi dipinti dispersi furono accolti al Prado mentre il sesto ebbe come destinazione al Museo Nacional de Rumania di Bucarest. Dedicato alla Redenzione, il Retablo era probabilmente su due livelli: in basso, l’Annunciazione era affiancata dall’Adorazione dei pastori e dal Battesimo di Cristo, mentre in alto si trovavano la Crocifissione, la Resurrezione e la Pentecoste e forse un settimo dipinto, più piccolo, come conclusione.
Lo stile intenso, drammatico ed espressionistico di El Greco è frutto dell’incontro di diverse culture figurative. La tradizione bizantina (ieratica e spirituale, legata a schemi fissi), l’arte italiana, che nel Rinascimento raggiunge un insuperato vertice espressivo, ed infine la pittura spagnola, rivolta spesso all’introspezione. Il soggiorno italiano risulta di fondamentale importanza per il pittore, lo spinge infatti ad arricchire il suo stile con elementi tratti dal manierismo e dal Rinascimento veneziano, ispirati soprattutto al Tintoretto, al Veronese, a Jacopo da Bassano e, nell’uso del colore, al tardo Tiziano, di cui diviene peraltro uno degli ultimi discepoli. Ma è tuttavia a Toledo che El Greco raggiunge quegli altissimi livelli di spiritualità che lo portano poi a realizzare alcune delle sue opere più importanti e conosciute. La riflessione sui temi religiosi rivoluziona il suo stile fino allo smantellamento dei canoni classici e allo stravolgimento del dato naturale in favore di un’evocazione quasi astratta. Non a caso la “riscoperta” del pittore alla fine dell’Ottocento è una delle premesse delle moderne avanguardie artistiche.
Nonostante il soggiorno in Italia, durato dal 1567 al 1577, sono di fatto molto rare le opere di El Greco nei musei italiani. La mostra rappresenta quindi una occasione per poter ammirare un grande capolavoro che esprime l’essenza più profonda del suo stile.
La mostra, a cura di Sergio Guarino, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’organizzazione e i servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura, mentre il Catalogo è edito da Gangemi Editore.
Vademecum
Musei Capitolini
Sale terrene del Palazzo dei Conservatori
24 gennaio – 17 aprile 2017