ROMA – Una terracotta ritrovata circa venti anni fa, ricoperta da ben 9 strati di vernici e riportata alla luce da un restauro accuratissimo a opera di Loredana Di Marzio. Si tratta della piccola “Pieta’’ attribuita da alcuni studiosi al giovane Michelangelo.
Il volume “Michelangelo e la Pietà in terracotta. Studi e documenti l Interventi l Diagnostica”, a cura di Claudio CRESCENTINI, con saggi di: Claudio CRESCENTINI; Loredana DI MARZIO; ROY DOLINER; Tomaso EMALDI; Valentina MARTINO e Patrizia NITTI (Erreciemme Edizioni – Roma), presentato il 7 marzo, presso la sede dell’Associazione Civita, ricostruisce il restauro dell’opera e raccoglie documenti iconografici, storici e diagnostici a sostegno dell’autorialità di Michelangelo.
Sull’opera sono state realizzate diverse analisi chimiche e studi tecnici (riflettografie e termoluminescenza) in base alle quali è stata datata intorno al 1496. Si ipotizza quindi possa essere il bozzetto della “Pieta” vaticana, realizzata nel 1499, di cui il volume mostra anche le tantissime somiglianze stilistiche.
Scrive Crescentini nella presentazione del volume: “La pubblicazione di un volume strutturato come indagine ‘a più voci’ su un argomento comune, in genere si configura come un organismo unitario. Nel presente caso ‘l’organismo’ si struttura in maniera ancora più unitaria rispetto alla norma, anche perché il tema, per meglio dire l’opera analizzata, che a sua volta attraversa vari temi michelangioleschi, è indagata dagli studiosi inseriti nella pubblicazione, mediante diversi sementi di attività scientifica con valore appunto comune, propedeutico all’analisi delle molteplici caratteristiche di un’opera complessa nella sua identificazione. Com’è appunto la stessa Pietà in terracotta”.
Ad ipotizzare la mano di Michelangelo è stato per primo Roy Doliner che ha spiegato: “Quando mi trovai di fronte alla scultura, rimasi ‘basito’, tanto era forte il turbamento che erano capaci di suscitare in me quelle figure modellate per rappresentare una grande tragedia. Erano emozioni che solo un grande artista avrebbe saputo imprimere nella materia, la disperazione di una madre, l’abbandono del corpo del Cristo appena morto. Da quel giorno, ho cercato la verità sull’opera con tutti gli strumenti a mia disposizione.”
Patrizia Nitti, direttrice del museo Maillol di Parigi, ha rammentato: “Allorché Roy Doliner venne a Parigi a propormi di esporre la terracotta nella Mostra su ‘I Borgia e il loro tempo’ che stavo preparando al Museo Maillol, che dirigevo devo confessare la mia incredulità e la mia diffidenza. Nella nostra carriera di curatori, queste proposte non sono rare e, benché spesso seducenti, dobbiamo essere molto rigorosi. Quante opere ho dovuto rifiutare perché poco sicure! Per non essere influenzata, non volli vedere subito la scultura, ma studiare tutta la documentazione a corredo. Solo allora l’ho vista. Incoraggiata da diversi importanti studiosi, decisi di esporla al piano dedicato all’arte a Roma nel periodo dei Papi Borgia, dove erano collocate diverse opere del giovane Michelangelo. La presentai in una sala isolata, come nuova proposta di attribuzione, corredata di tutto il materiale allora disponibile. Lo feci con grande apprensione- Parigi è una piazza difficile ed esigente -. La Mostra – ha concluso Patrizia Nitti – fu vista da più di 200mila persone e da oltre 150 giornalisti di tutto il mondo. Non ci fu nessuna contestazione, ma un’accoglienza serena che ci convinse a proseguire nella nostra ricerca.”