ROMA – Il Tar Lazio ha respinto il ricorso promosso dal Codacons e da Vittorio Sgarbi contro la chiusura dei musei, varata con Dpcm dello scorso 3 novembre.
L’ordinanza del Tar spiega che “non sussistono le condizioni per accogliere la domanda cautelare, non apparendo manifestamente irragionevole, nell’ambito e nei limiti del sindacato consentito al giudice amministrativo, la decisione dell’Autorità di comprimere per un periodo di tempo circoscritto un interesse certamente significativo per il benessere individuale e della collettività, quale è quello alla fruizione dei musei e degli altri luoghi di cultura, in ragione della particolare gravita’ della emergenza sanitaria in atto”.
In una nota del Codacosn si legge inoltre che per il Tar “ogni valutazione circa la possibilità di consentire nuovamente la fruizione dei musei, alla luce del miglioramento del quadro sanitario è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, chiamata ad adottare la relativa scelta nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente”. “Riteniamo – spiega il Codacons – tuttavia che tale discrezionalità, così come prevede la legge, debba essere ragionevole, limitata e proporzionata”.
“Intollerabile” è stata definita la decisione del Tar da parte del critico Vittorio Sgarbi, che ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato.
Commentando la sentenza all’Adnkronos il critico ha detto: “Trovo inaudito che uno Stato debba dare dimostrazioni continue di una totale indifferenza per i valori della cultura. E’ una cosa scandalosa: dal presidente del Consiglio, al ministro della Cultura al Tar tutti uniti per dire ‘chissene frega, aspettiamo’. Ormai viviamo in un’Italia marginale dove i musei sono lì per ridere perché non contano niente”.
Nel frattempo il nuovo Dpcm, varato dal Governo il 3 dicembre e valido fino al prossimo 15 gennaio 2021, neppure menziona gli spazi culturali che rimarranno quindi chiusi, sicuramente, fino a quella data. Un problema dunque che sembra essere completamente uscito fuori dall’agenda politica. Rimangono aperte almeno le gallerie d’arte, ma solo perché accumunate ai negozi.