MILANO – Nascono gli Archivi Boldini-De Nittis-Zandomeneghi frutto di una collaborazione tra l’Istituto Matteucci e la Fondazione Enrico Piceni. L’accordo s’inquadra nel progetto più ampio d’intesa tra l’Istituto Matteucci (info@istitutomatteucci.it) e la Fondazione Enrico Piceni (info@fondazionepiceni.it) concretizzatosi nel giugno 2016 con il comodato dell’importante nucleo di dipinti del noto critico milanese.
L’Istituto Matteucci e la Fondazione Enrico Piceni nascono, quasi contemporaneamente, alla fine del secolo scorso. L’uno per volere di Giuliano Matteucci, che facendovi confluire la documentazione e i fondi archivistici costituiti in oltre cinquant’anni di attività di mercato, studio e ricerca ha inteso dare vita ad un centro specialistico sulla pittura italiana del XIX secolo. L’altra su iniziativa di Maria Grazia Piceni, figlia di Enrico Piceni (1901-1986), con l’obiettivo di valorizzare il lavoro del collezionista e critico-conoscitore. Dopo la scomparsa di Maria Grazia, il testimone è passato a Camilla Testi, nipote di Piceni, che ha proseguito sulla strada imboccata, anche attraverso il riordino dell’epistolario, dell’archivio e della biblioteca.
Anche la mostra Il tempo di Signorini e De Nittis. L’Ottocento aperto al mondo nelle collezioni Borgiotti e Piceni ancora in corso a Torino negli Spazi Ersel sino al 28 aprile è frutto di questa collaborazione. La rassegna è una straordinaria occasione per ammirare le opere degli “Italiens de Paris”, raccolte da Piceni a partire dagli anni Trenta. Tra i tanti capolavori esposti spicca Le Moulin de la Galette (1878 ca.), quadro capitale del percorso di “Zandò” – come gli Impressionisti chiamavano il collega – nella Ville lumière.
Ed è proprio all’artista veneziano, legato al movimento di Degas e Pissarro, dei quali divenne amico nei ripetuti incontri al Caffè La Nouvelle Athènes, che Piceni nel 1932 dedicò il primo saggio critico all’interno della collana “I Maestri Italiani dell’800” diretta con Arnoldo Mondadori.