PRATO – “Dopo Caravaggio. il Seicento napoletano nelle collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito” è il titolo della mostra organizzata dal Comune di Prato, in collaborazione con la Fondazione De Vito, che nasce in considerazione del fatto che il Museo di Palazzo Pretorio di Prato conserva uno dei nuclei più importanti in Toscana, secondo solo alle Gallerie fiorentine, di opere di Seicento napoletano. Altrettanto determinante è la collezione di napoletana del Seicento della Fondazione De Vito che, formatasi dagli anni settanta del secolo scorso grazie a Giuseppe De Vito (Portici 1924- Firenze 2015) rappresenta, per qualità e interesse storico, una delle più significative collezioni private di pittura napoletana del Seicento.
Scopo di questa mostra, dunque, è quello di valorizzare le opere le opere del Museo e della Fondazione. Il percorso dell’esposizione si articola intorno ai dipinti di Palazzo Pretorio in dialogo con quelli della collezione De Vito, secondo una sequenza cronologica che consente, tuttavia, anche l’indicazione di legami e corrispondenze tematici.
L’incipit è rappresentato dalla famosa tela di Palazzo Pretorio con il Noli me tangere, originale interpretazione dell’incontro fra Cristo e la Maddalena, riconosciuto capolavoro di Battistello Caracciolo. Ad esso fa riscontro il San Giovannino dello stesso Battistello in Collezione De Vito, presentato in Mostra per la prima volta dopo il restauro che ne ha restituito l’originaria cromia. Ai due dipinti si accosta il San Giovanni Battista con l’agnello di Massimo Stanzione, firmato, databile agli inizi degli anni trenta, tra i più significativi esempi della fase giovanile dell’artista, che interpreta un soggetto caravaggesco con un linguaggio ancora aderente a uno spiccato naturalismo ma già attento ad analoghe elaborazioni di Guido Reni.
Il secondo nucleo di dipinti si articola intorno a Jusepe de Ribera, l’artista spagnolo attivo a Napoli dalla metà del secondo decennio, figura determinante per lo sviluppo del filone più integrale del naturalistico caravaggesco in ambito partenopeo. Del Ribera si espone il dipinto di Collezione De Vito raffigurante Sant’Antonio abate, a mezzo busto, opera poco nota e fra le più importanti della collezione. Le raccolte di Palazzo Pretorio conservano un’importante testimonianza dell’interesse collezionistico per Ribera: un dipinto seicentesco con Giacobbe e il gregge di Labano, che replica, anche nelle dimensioni, la famosa tela dipinta dallo spagnolo per l’Escorial di Madrid. Giunto in pessimo stato di conservazione esso è stato oggetto di un complesso restauro da parte dell’Opificio delle pietre dure di Firenze. In un apposito spazio all’interno dell’esposizione e nel catalogo si darà conto con schede scientifiche e strumenti di riproduzione digitale a cura dell’Opificio, delle metodologie di restauro e dei risultati parziali raggiunti a quella data.
Accanto a Ribera si evidenzia la significativa presenza di tre tele di collezione De Vito del cosiddetto Maestro dell’Annuncio ai pastori. Sempre dalla Collezione De Vito, si espone la tela con un Profeta di Francesco Fracanzano, appartenente alla fase giovanile del pittore, intorno al 1640, dove è evidente nella gigantesca figura velocemente definita dalla pittura, l’influenza del naturalismo di artisti come Ribera e il Maestro dell’Annuncio ai pastori.
I dipinti di Battistello e Finoglio ci introducono a un gruppo di opere che si caratterizza per i soggetti con protagoniste femminili, dalle differenti personalità e ruoli. Tale gruppo di dipinti della collezione De Vito ci permette anche di ripercorrere le tendenze degli anni quaranta e cinquanta del secolo, nei quali artisti di formazione naturalistica recepirono diverse influenze, dal classicismo romano-bolognese, all’adesione alla svolta pittorica degli anni trenta con l’apertura alla corrente neoveneta e l’impreziosimento della luce e del colore, all’influenza di Artemisia Gentileschi e delle opere di Rubens e van Dyck. Esempio superlativo è la tela di Collezione De Vito con la Santa Lucia di Bernardo Cavallino.
Il successivo gruppo di quattro dipinti si incentra sulla figura di Mattia Preti, l’artista di origini calabresi, documentato a Napoli dal 1653. Preti è presente nelle collezioni di Palazzo Pretorio con la grande tela raffigurante il Ripudio di Agar, nel quale è di nuovo protagonista una figura femminile. Pur se giunta in non ottimali condizioni di conservazione, l’opera è di grande qualità nella vivida macchiatura di luce e ombra, tipica dell’artista, nei rimandi cromatici e nella vivace sceneggiatura dell’episodio biblico, caro all’artista che lo rappresentò in diverse varianti. L’evoluzione di Preti verso una pittura di lucida evidenza ma dai toni cromatici più chiari e raddolcita nelle ombre, tipica della sua fase più matura e in linea con gli sviluppi degli ultimi decenni del secolo, è esemplificata da un capo d’opera del periodo in cui l’artista si trasferì a Malta: la Deposizione dalla croce ora in collezione De Vito. L’opera ci accompagna nella seconda metà del secolo, dominata dal genio di Luca Giordano, multiforme protagonista del barocco napoletano. Dei suoi seguaci fa parte Nicola Malinconico, del quale Palazzo Pretorio conserva una delle maggiori opere, suggestiva anche nel suo legame con le attività di misericordia e di cura: il Buon Samaritano, appartenente alla sua fase tarda.
Con quest’ultimo artista si arriva alle soglie del Settecento, in un clima artistico ormai mutato ma nel quale artisti napoletani come Francesco Solimena continueranno ad avere un ruolo di primo piano nelle corti europee.
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Vademecum
Dal 14 dicembre 2019 al 13 aprile 2020
PRATO Museo di Palazzo Pretorio
piazza del Comune
orari: aperto tutti i giorni (escluso martedì non festivo) dalle 10:30 alle 18:30
Biglietti: intero € 10, ridotto € 8 (riduzioni e gratuità sul sito Museo Palazzo Pretorio)
Info: +39 0574 24112
museo.palazzopretorio@comune.prato.it