ROMA – Si svolgerà, lunedì 10 dicembre presso la sede dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, la presentazione del catalogo della mostra D’odio e d’amore. Giorgio Vasari e gli artisti a Bologna, a cura di Marzia Faietti e Michele Grasso, aperta il 9 ottobre 2018 e visitabile fino al 6 gennaio 2019 alle Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Sala Edoardo Detti, edito da Giunti Editore.
La presentazione sarà introdotta e coordinata da Francesco Moschini, Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca, interverranno Claudia Conforti, Giovanni Maria Fara, Alessandro Nova e Massimiliano Rossi. Saranno presenti i Curatori.
Una mostra e un catalogo dal taglio inedito che, attraverso una selezione accurata e significativa di disegni e dipinti, racconta il il giudizio ostile di Vasari, quasi un sentimento di odio e d’amore, nei confronti di Bologna e degli artisti d’oltre Appenino.
«Né è maraviglia che quella d’Amico fusse più pratica che altro, perché si dice che, come persona astratta che egli era e fuor di squadra dall’altre, andò per tutta Italia disegnando e ritraendo ogni cosa di pittura e di rilievo, e così le buone come le cattive… le quali fatiche furono cagione che egli fece quella maniera così pazza e strana». Questa citazione dalla Vita di Bartolomeo da Bagnacavallo e d’altri Pittori Romagnuoli è tratta dall’edizione del 1568 delle Vite del Vasari.
Il «praticaccio inventore» era Amico Aspertini, ma Vasari allarga il suo caustico giudizio a tutti gli altri pittori bolognesi a lui contemporanei definendoli con «il capo pieno di superbia e di fumo».
Non solo: nella Vita di Michelangelo aggiunge la velenosa nota per la quale il Buonarroti avrebbe lasciato Bologna dopo solo un anno di permanenza perché lì «perdeva tempo». Insomma un rapporto nato proprio male, ma per fortuna finito bene, come ha rivelato la mostra, che ha permesso di intuire come il giudizio ostile di Vasari – che imputava agli artisti d’oltre Appenino il mancato contatto con opere e materiali dell’arte classica dai quali prendere spunto e ispirazione – era destinato a non durare a lungo. I termini sono già meno duri nei confronti del Correggio che, a parer suo, se fosse uscito dalla Lombardia (l’Emilia era allora considerata terra lombarda) e si fosse spinto fino a Roma «avrebbe fatto miracoli», ma verso agli artisti della generazione successiva Vasari spende addirittura parole di approvazione.
In questa narrazione visuale c’è quindi una sorta di lieto fine, inizialmente impensabile. Il giudizio ostile di Vasari non era destinato a durare a lungo, Bologna, infatti, aveva nel frattempo conquistato il rigoroso artista e primo storico dell’arte aretino.