TORINO – Sono stati svelati, dopo un restauro della durata di 240 giorni, gli affreschi delle prime campate della Chiesa di Sant’Andrea, costruita nell’XI secolo, che costituisce il “cuore romanico” del Santuario e del Convitto della Consolata di Torino. Il restauro rappresenta il traguardo di un percorso iniziato nel 2009 dal Santuario in collaborazione con le Soprintendenze del Piemonte.
Principale sostenitrice delle opere di restauro del Santuario e del Convitto della Consolata è la Fondazione Crt, che ha avviato dal 2016 una campagna di fundraising. Sono state messe in campo diverse forze e competenze affinché si arrivasse a questo traguardo.
Il presidente dell’istituto Giovanni Quaglia, ha spiegato: “La Fondazione Crt è, da sempre, il principale sostenitore privato del Santuario della Consolata, cui ha storicamente destinato 4 milioni di euro. E continuerà a mettere a disposizione risorse economiche, competenze e idee progettuali per la valorizzazione e la salvaguardia di questo meraviglioso ‘gioiello’, confermando il proprio impegno per il patrimonio artistico ed ecclesiastico. Il ‘cuore’ romanico del Santuario è l’ultimo tassello di un lungo percorso di restituzione alla città e ha potuto contare sul lavoro corale delle forze e maestranze del territorio”.
“Con il Santuario della Consolata – ricorda il segretario generale della Fondazione Crt, Massimo Lapucci – la Fondazione Crt ha inaugurato un modello di filantropia innovativa, applicata per la prima volta a un bene ecclesiastico. In aggiunta al tradizionale sostegno erogativo, infatti, abbiamo avviato una campagna di fundraising ad hoc e, con il meccanismo del ‘matching grant’, abbiamo raddoppiato oltre 270 donazioni, dalla città e non solo. Nell’ultimo anno, per il recupero degli affreschi romanici, le risorse hanno toccato complessivamente quota 135mila euro”.
Il restauro
I lavori di recupero, condotti dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, hanno interessato le murature dell’antica chiesa. L’intervento, condotto dal 7 maggio 2018 a oggi, nella Cappella del Convitto ha permesso la riscoperta e il restauro delle pitture murali romaniche, costituendo un primo fondamentale tassello nel recupero complessivo dell’eccezionale apparato decorativo dell’antica Sant’Andrea.
“Il Centro di Restauro – commenta Stefano Trucco, presidente della Fondazione Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’ – è riuscito a ottenere importanti riscontri grazie alla professionalità delle sue équipe interdisciplinari di lavoro e al sostegno della Fondazione Crt”.
L’architetto Luisa Papotti, Soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino, spiega: “Davanti a nostri occhi ricompare l’architettura imponente dell’antica basilica conventuale di Sant’Andrea, che i monaci fuggiti da Novalesa ricostruirono intorno all’anno 1000 nell’angolo nord-occidentale della città medievale”.
Gli interventi hanno innanzi tutto rimosso gli intonaci e le coloriture moderne, facendo riemergere alcuni ‘gioielli’ nascosti, risalenti all’epoca romanica, restaurati anche con l’ausilio del laser. Sulla parete Sud è apparsa una grande figura dalla veste colorata, nell’atto di protendere una mano verso l’alto e reggere, con l’altra, un cartiglio. Le parole scritte rivelano la possibile identità del personaggio: il patriarca Abramo. Sulla parete Nord, invece, sono comparse due grandi figure inquadrate da elementi architettonici, che recano in mano dei cartigli.
Alla sommità delle pareti, nelle fasce decorate, si riconoscono due volti: uno maschile con grandi occhi, naso affilato e barba, il cui copricapo ci dice che potrebbe trattarsi di un monaco, probabilmente San Benedetto, come suggeriscono alcune lettere rinvenute (i primi monaci della chiesa di Sant’Andrea erano proprio benedettini); l’altro volto, femminile, col capo velato, è caratterizzato da uno sguardo intenso. Nel catino absidale, di probabile costruzione seicentesca, è stata riportata alla luce una decorazione floreale, a ghirlande e motivi vegetali, nascosta dalle più recenti ridipinture, le cui tracce erano state rilevate già con le prime indagini.