ROMA – Si chiama (S)ink, l’opera urbana dedicata ai migranti scomparsi in mare, ideata dall’artista e performer livornese Fabio Saccomani, che gioca con le parole inglesi Ink, ovvero “inchiostro” e Sink, che significa “affondare”.
L’opera si inserisce nell’ambito della BiennaleMArteLive, che fino al 14 dicembre 2019 propone numerosi progetti speciali legati alle arti visive, a cura di Oriana Rizzuto e Giuseppe Casa, con lo scopo di portare la cultura e la bellezza dell’arte in tutto il contesto urbano di Roma, affrontando tematiche sociali di rilievo, come quelle della migrazione o della violenza sulle donne.
La sezione “Street Art for Rights”, in particolare, ha la finalità di addentrarsi nei quartieri della periferia di Roma alla ricerca di una riqualificazione urbana, attraverso la realizzazione di opere di street art, grazie al coinvolgimento di alcuni dei migliori street artist del momento.
Proprio in questa sezione si inserisce “il maestoso monumento funebre” di Saccomani, realizzato in via del Pigneto e lanciato martedì 10 dicembre, per la giornata mondiale dei diritti umani.
L’opera, che si estende su 500 metri quadri, sarà portata a termine il 20 giugno 2020, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Come una sorta di “Pietre d’Inciampo”, 36.570 nomi delle vittime del Mediterraneo (solo quelle che sono state identificate) saranno scritti sulla strada dell’isola pedonale dello storico quartiere romano, utilizzando una speciale vernice idrorepellente, che reagirà solo se bagnata. L’opera resterà infatti invisibile per la maggior parte del tempo, per emergere invece solo nei giorni di pioggia.
Un messaggio potentissimo di memoria e di celebrazione. I passanti, camminando sull’asfalto bagnato, saranno costretti a calpestare quei nomi che, d’improvviso, si paleseranno attraverso l’acqua, un esplicito richiamo al mare, dove la maggior parte di queste persone è annegata. La stessa acqua che li ha sepolti ora li restituisce alla nostra vista e alla nostra memoria. La scelta di inserire questi nomi, in una dialettica visibile/invisibile, che “travolge” di fatto lo spettatore, “stravolge” al tempo stesso il senso del luogo ed il senso di sicurezza che conferisce l’ordinario e il familiare.
Come fa notare l’artista, mentre un “monumento funebre” cristallizza una situazione passata, questo monumento realizzato al Pigneto è purtoppo in divenire e destinato a crescere.