BOLOGNA – Dal 25 marzo Palazzo Fava di Bologna ospita la grande mostra dedicata a Edward Hopper, curata da Barbara Haskell, curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art, in collaborazione con Luca Beatrice. Tra le opere in mostra anche capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909) e interessantissimi studi, come quello per Girlie Show del 1941.
Nato e cresciuto a Nyack – una piccola cittadina nello Stato di New York – Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913.
Noto per essere superbo disegnatore e per il suo realismo a tratti quasi esasperato, Hopper rappresenta l’altra faccia dell’arte americana rispetto all’espressionismo astratto di Jackson Pollock. Hopper infatti attraverso i suoi dipinti conferma la propria immagine dell’America. Da una parte la raffigurazione di ambienti americani, dall’altra personaggi immersi in questo ambiente. Il tutto caratterizzato da una precisione realistica che mette in risalto le fratture degli aspetti della vita moderna rappresentati, suggerendo un forte senso di solitudine e desolazione. Il realismo diventa infatti talvolta occasione di penetrazione per qualcosa che non è invece apertamente raffigurato, lo spazio, la natura, diventano elementi di un sistema di segni che va oltre, conferendo al reale quasi un effetto straniante. In Hopper il reale, ciò che viene mimeticamente ritratto, ha quindi una valenza sia psicologica che estetica. C’è chi lo ritiene un narratore di storie e chi, al contrario, l’unico che ha saputo fermare l’attimo – cristallizzato nel tempo – di un panorama, come di una persona. Ma è stato lo stesso Edward Hopper (1882-1967), il più popolare e noto artisti americano del XX secolo, uomo schivo e taciturno, a chiarire la sua poetica: “Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.
L’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.
La mostra è stata prodotta e organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae. Musei nella Città e Arthemisia Group in collaborazione con il Comune di Bologna e il Whitney Museum of American Art di New York. Quest’ultimo, grazie al lascito della vedova del pittore Josephine, ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3.000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.
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Vademecum
Edward Hopper
Dal 25 Marzo 2016 al 24 Luglio 2016
Bologna, Palazzo Fava
COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 13, ridotto € 11, ridotto gruppi € 11
(prenotazione obbligatoria, min 15 max 25 persone, microfonaggio obbligatorio) scuole € 5