Un senso di continuità tra memoria, paesaggio e gesto quotidiano si respire lungo i sessanta chilometri dell’Anello della Val di Fiastra. In questo frammento di Marche – lontano dai circuiti turistici dominanti ma densissimo di segni – il cammino diventa un atto culturale. Non si attraversano semplicemente borghi e sentieri, ma si entra in relazione con un territorio che ha scelto di rigenerarsi attraverso l’arte, l’archeologia e la narrazione collettiva.
Qui Val di Fiastra, il progetto che sostiene e rilancia questo percorso, non lavora su attrattori, ma su infrastrutture invisibili: quelle del racconto, della cura e del tempo condiviso. È un’operazione che tiene insieme la riscoperta dell’Abbadia di Fiastra, con la sua geometria cistercense immersa nel verde, e il silenzio minerale dell’antica Urbs Salvia, dove i resti romani sono parte integrante del paesaggio. Ma include anche laboratori di ceramica, pinacoteche diffuse, musei non ufficiali, mosaici contemporanei e architetture agricole ancora attive.
I sei borghi coinvolti – Urbisaglia, Sant’Angelo in Pontano, San Ginesio, Ripe San Ginesio, Colmurano e Loro Piceno – funzionano come microcosmi culturali, ognuno con un proprio lessico: le Cucine del ‘600 dentro un castello a Loro Piceno, il presepe d’autore in un teatro storico a Sant’Angelo, un’arena scolpita nella pietra a Ripe, una collezione del Novecento a Colmurano. In nessun caso si tratta di allestimenti statici. Sono dispositivi vivi, alimentati da botteghe artigiane, aziende agricole, cantine, orti comunitari.

L’Anello, più che un percorso segnato, si propone come spazio editoriale aperto: da qui nascerà infatti una guida di “nonturismo”, costruita non su categorie promozionali, ma su testimonianze orali, saperi locali e pratiche di abitazione quotidiana. Il progetto, coordinato da Inabita Laboratorio Territoriale insieme a più di cento realtà locali, lavora contro l’abbandono dei piccoli centri non con eventi effimeri, ma con un’infrastruttura culturale a lungo termine.
Chi percorre questi luoghi non è un visitatore: è un lettore che cammina. E ogni borgo, ogni rovina, ogni forno di comunità diventa pagina. Da leggere con lentezza.
Abbadia di Fiastra: silenzio, ordine, permanenza
Il percorso si apre e si chiude all’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, complesso monastico cistercense tra i meglio conservati in Italia centrale. Fondata nel XII secolo dai monaci di Chiaravalle di Milano, l’abbazia sorge in una pianura che ha mantenuto nei secoli la sua vocazione agricola, oggi tutelata dalla Riserva Naturale Abbadia di Fiastra. La chiesa, il chiostro e il Palazzo Giustiniani Bandini formano un sistema architettonico essenziale e funzionale, concepito per la vita comunitaria e il lavoro sul territorio.
Oltre la siepe, il bosco, i campi ordinati, il silenzio. Il paesaggio non è scenario: è parte del progetto spirituale e operativo cistercense.
Nei dintorni, il sito di Villamagna aggiunge un frammento archeologico inaspettato: qui è stato individuato l’unico birrificio romano sinora noto, una scoperta che restituisce alla storia locale una dimensione produttiva raramente valorizzata. Si tratta di un dettaglio significativo: suggerisce che anche nei margini del sistema urbano romano si praticavano forme specializzate di trasformazione, oggi ancora leggibili nel paesaggio rurale.

Urbisaglia: rovine abitate, paesaggio come archivio
Il Parco Archeologico di Urbs Salvia non è un’area recintata, ma un paesaggio aperto. Anfiteatro, teatro, criptoportico affrescato, tempio: le strutture romane non si impongono, riaffiorano. Nessuna monumentalità, piuttosto una presenza discreta, che convive con i campi e con le colline.
Nel centro del borgo, la Rocca medievale sovrasta il tessuto urbano come un controcanto alla classicità romana. Poco distante, la Chiesa della Maestà offre un esempio di pittura devozionale marchigiana, mentre botteghe come Vestid’Arte lavorano su una manualità contemporanea, costruendo continuità tra storia materiale e pratiche del presente.
Loro Piceno: musei minori, vino cotto e archeologia domestica
Il centro storico di Loro Piceno è un sistema articolato di micro-istituzioni culturali. Il Museo delle Due Guerre Mondiali, il Museo Postale dei Monti Azzurri, il Museo del Vino Cotto allestito in una chiesa sconsacrata, non funzionano come attrattori, ma come luoghi di raccolta di memorie collettive e saperi locali.
Il Castello Brunforte, sede delle Cucine del ’600, offre un raro esempio di archeologia della domesticità, mentre l’Orto dei Pensieri, lungo le mura castellane, è uno spazio all’aperto pensato per la riflessione e la condivisione culturale. Il vino cotto, prodotto simbolico del borgo, oltre a essere una tradizione è una pratica viva, celebrata da cinque cantine attive con degustazioni e visite.
Sant’Angelo in Pontano: teatro e presepi
A Sant’Angelo in Pontano, il centro storico custodisce atmosfere misurate e paesaggi che si aprono all’improvviso. Dalla terrazza più alta si intravedono, nelle giornate limpide, non solo i Sibillini ma anche il Gran Sasso. Le Fontanelle di San Nicola, immerse nel verde, sono uno degli spazi più intimi del cammino.
All’interno del Teatro Storico Nicola Antonio Angeletti, la Collezione Cassese raccoglie presepi d’autore provenienti da tutto il mondo: una micrologia estetica e simbolica, organizzata in chiave affettiva più che didattica.

San Ginesio: paesaggio, mura e cultura in trasformazione
San Ginesio ha mantenuto la struttura medievale del suo tessuto urbano, ma l’interesse risiede anche nella sua capacità di riattivare il passato come risorsa critica. Il Teatro Comunale Giacomo Leopardi, in restauro, e l’Auditorium di Sant’Agostino, sede della mostra Hoc Opus, rappresentano due poli di una riflessione più ampia sul ruolo dei luoghi culturali nei contesti interni.
L’Anello di San Ginesio, percorso che costeggia le antiche Mura di San Nicola, è parte integrante del cammino. La Collegiata di Santa Maria Assunta, pur non visitabile, resta una presenza visiva importante. Nella frazione di Moline, il Mulino Giansanti, affacciato su una cascata del Fiastra, restituisce una dimensione produttiva oggi inattiva ma ancora leggibile. Il panorama da Colle Ascarano, infine, è tra i più ampi e intensi dell’intera vallata.
Ripe San Ginesio: arte contemporanea come linguaggio quotidiano
Ripe San Ginesio non si presenta: si espone. La Pinacoteca di Arte Contemporanea e il Parco delle Sculture formano un tessuto artistico diffuso che ha preso forma anche grazie all’attivazione degli abitanti. L’Arena La Cava, scolpita nella pietra, è uno degli spazi più emblematici di questo processo di appropriazione culturale.
Le pratiche artigiane locali seguono la stessa traiettoria: non souvenir ma laboratori. La sartoria etica di Marta, la ceramica di Claudia, la gioielleria di Samuela costruiscono una filiera di produzione radicata e responsabile. In questo contesto, il ristorante Misidia propone una rilettura sofisticata della cucina marchigiana, mentre la cantina Terre di San Ginesio lega il proprio lavoro all’identità agricola e simbolica del vino cotto.

Colmurano: memoria civile, paesaggio e tradizioni alimentari
A Colmurano, la cultura materiale si fonde con la narrazione storica. Il Museo della Memoria Renzo Contratti Ventura conserva testimonianze del Novecento che fanno del vissuto quotidiano una risorsa di senso. In Piazza Umberto I, due mosaici murali rappresentano San Donato e lo stemma del borgo, rafforzando la dimensione civica e partecipata dello spazio pubblico.
Lungo il cammino, la Fonte Allungo offre una pausa preziosa, mentre la tradizione delle paccucce — frutta essiccata e conservata nel mosto — restituisce un sapere alimentare raro, custodito anche nella bottega “I Sette Artigiani”. La cucina dell’agriturismo Agra Mater, premiato dal Gambero Rosso, e i vini della Cantina Saputi completano un’offerta che non si rivolge a un turismo di consumo, ma a chi cerca esperienze culturali radicate.