ROMA – La Santa Bibiana di Gian Lorenzo Bernini ha subito un danno gravissimo, a darne notizia è un articolo apparso su “La Repubblica” del 30 aprile 2018 di Tommaso Montanari.
Il capolavoro, realizzato dall’artista tra il 1624 e il 1626 su commissione di papa Urbano VIII, ha infatti perso il dito anulare della mano destra. Al momento è un mistero cosa sia realmente accaduto. Peraltro non è dato sapere neppure che fine abbia fatto il dito.
L’ipotesi più acclarata è che il danno si sia consumato durante il trasporto della statua per essere ricollocata nel luogo dove è solitamente custodita, ovvero la Chiesa di Santa Bibiana nel Rione Esquilino a Roma.
L’opera, infatti, dopo un restauro che ne aveva restituito la piena integrità e leggibilità, è stata esposta per circa tre mesi, dal 1 novembre 2017 al 20 febbraio 2018, nella grande mostra dal titolo “Bernini”, a cura di Anna Coliva e Andrea Bacchi, che si è tenuta presso la Galleria Borghese, riscuotendo un grande successo di pubblico.
Ad accorgersi del danno è stato il professor Giovan Battista Fidanza, ordinario di storia dell’arte moderna all’Università di Roma Tor Vergata, in occasione di un seminario che si è svolto proprio presso la chiesa di Santa Bibiana.
La statua rappresenta la santa nell’attimo precedente al martirio. A differenza di altre opere del Bernini, qui la figura è rappresentata in una posizione statica e dritta solo con una leggera torsione del busto rispetto alle gambe e con una mano alzata aperta verso l’esterno, mentre l’altra tiene la palma del martirio. Proprio la mano aperta è quella rimasta mutilata. Come spiegato nell’articolo di “Repubblica”, nella scheda redatta per la mostra, il curatore Bacchi scriveva “le dita della mano destra, allargate e sospese in aria, sono un vero e proprio miracolo tecnico”. La preoccupazione è che ora questo “miracolo” non sia più recuperabile perché nessun restauro potrà mai restituire quanto andato perduto.
Ovviamente questo grave danno (sfortuna vuole che non sia il primo a colpire per diverse vicende opere del Bernini come la Barcaccia di Piazza di Spagna e l’Elefantino di piazza della Minerva) ripropone ancora una volta il dibattito, sempre aperto, sulla necessità di spostare opere particolarmente preziose e delicate dalla loro collocazione stabile per essere esposte in occasione di grandi mostre temporanee.